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Le famiglie vanno aiutate

Su un quotidiano nazionale in prima pagina la foto di una famiglia: papà, mamma, due figli. Normale. Ovvio. No, non è affatto così. Se una foto di una famiglia va a finire in prima pagina, vuol dire che è una notizia: è qualcosa che si staglia dalla quotidianità.
La foto si riferisce a Bolzano. Andiamo a vedere il testo, intitolato: «Noi, mamme di Bolzano: perché facciamo più figli».
Sulla pagina interna, a cui il titolo rimanda, compaiono finalmente le statistiche: la provincia di Bolzano annovera 1,78 figli per donna, ed è la provincia italiana che registra il dato più alto (1,07 il dato peggiore, quello della Sardegna) e la provincia ha un saldo naturale del +1,4%. Il Trentino Alto Adige è l’unica regione in crescita demografica: +1,1 per cento. Il Veneto (la stima è del 2016) registra un –10%.
La fonte di questo testo è il rapporto Istat che parla di un’Italia con 12mila neonati in meno nel 2016 e tutt’altro che ai vertici della fertilità in Europa: al primo posto ci sono Francia, Regno Unito e Svezia. Se il dato bolzanino diventasse dato italiano, raggiungeremmo quelle nazioni.
Se la politica si interessa della società, di che cosa deve interessarsi se non del suo futuro e quindi dei bambini che nascono oggi, gli adulti di domani?
Se c’è una gerarchia, questo tema viene prima dei Mondiali, delle strade, dell’export.
In realtà, in Veneto e a Belluno, una volta che i Comuni hanno dato il bonus bebè, dopo la foto ricordo in municipio con il sindaco sorridente, che succede alle famiglie?
A Belluno e in Veneto sono lasciate a loro stesse: a Bolzano esiste un’Agenzia della famiglia che, dal 2011, vede i nuclei familiari aiutati passare da 37mila a 47mila; e i fondi, da 45 a 73 milioni di euro (avete letto bene: milioni di euro).
L’articolista racconta storie di famiglie che si vedono, al di là del passo Pordoi o Campolongo, somministrare mensilmente 80 euro per un bambino di cinque anni e 200 per un bambino di 5 mesi.
La denatalità, in Italia, è un tema sotto gli occhi di tutti; ma nessuno sembra accorgersene. Forse il retaggio di alcune politiche d’anteguerra?
Molto probabilmente c’è un altro fattore, che si chiama cultura: provate a chiedere a una famiglia con tre o più figli come si sente quando chiede un servizio a un bed and breakfast, a un noleggio camper, a un’agenzia turistica...
Le famiglie vanno aiutate. È un danno per tutta la società se mettere su casa e, ancor di più, fare figli viene percepito come un’impresa quasi impossibile, certamente difficile e rischiosa.
Ci perdono i due sposi, che non sono aiutati nè da un punto di vista culturale, nè da un punto di vista sociale ed economico ad apprezzare nel suo giusto valore la possibilità di dare al mondo dei bambini.
Ci rimettono gli eventuali bambini che, spesso, rimangono figli unici, perché i loro genitori sono più scoraggiati che incoraggiati dal contesto in cui vivono.
Ci perde tutta la società che si priva di forze nuove e si condanna a un invecchiamento innaturale.
È necessario lavorare per una nuova cultura, che riconosca il giusto valore alla vita e alla sua tutela. Una nuova cultura chiamata a trasformarsi subito anche in una nuova politica perché c’è urgenza di cambiare marcia e invertire la tendenza alla denatalità.
Vogliamo una società bellunese prospera e vitale e che non sia solo in lotta per la sopravvivenza. Vogliamo che si pongano le condizioni perché i bambini siano attesi come un dono più che come un problema, per il bene loro e di tutti.

Leggi il "fondo" della settimana scorsa.

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