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Lunedì 16 luglio 2018

Scrittura e teatro, un progetto per la sezione trans del carcere






Le associazioni Jabar (nella foto) e Aics collaboreranno con Antonio Turco, che ha fondato la prima compagnia teatrale per carcerati.

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Tutto è nato da un laboratorio di scrittura creativa e autonarrazione per imparare ad aprirsi e raccontarsi, ma senza dover scendere per forza nei particolari. Se tutto andrà bene, le storie condivise o inventate nel corso delle lezioni diventeranno il copione di uno spettacolo teatrale totalmente nuovo nel suo genere, scritto e messo in scena da 7 detenute transessuali, che si potrà vedere (in carcere, per ora) a partire dall’inverno. Il progetto è ambizioso ed è nato da una riflessione tra l’associazione bellunese Jabar, che opera da anni a favore delle persone recluse ed ex recluse del carcere di Belluno (frazione di Baldenich), e Antonio Turco, attore, autore e funzionario pedagogico dell’amministrazione penitenziaria di Rebibbia (Roma), già ospite del capoluogo dolomitico e della sezione Aics provinciale con lo spettacolo «Il corno di Olifante» della sua compagnia Teatro Stabile Assai, la prima a nascere dietro le sbarre. Di qui la stesura di una proposta per entrare anche nella sezione bellunese delle transessuali, una delle cinque presenti nelle strutture penitenziarie italiane (oltre a Belluno ci sono anche Rimini, Firenze, Roma e Napoli), dove portare la scrittura e la recitazione come forme di narrazione, espressione e in un certo senso liberazione. Il percorso è stato inaugurato martedì 10 e mercoledì 11 luglio da Turco e Tamara Boccia, pedagogista sua collaboratrice. Assieme a loro c’erano anche quattro volontarie della Jabar. Dopo aver presentato l’idea progettuale, accolta con entusiasmo dalle detenute presenti, sono stati gettati i primi passi di un percorso che sarà tenuto dalle operatrici bellunesi e seguito a distanza da Turco e Boccia, per culminare non soltanto nella realizzazione di uno spettacolo teatrale che andrà in scena con tutta probabilità a dicembre, ma anche per scambiarsi alcune scene tra Belluno e Rebibbia e creare una sorta di ponte tra i due percorsi teatrali, nell’ottica di scambiare in futuro non soltanto le carte, ma anche le persone. Si tratta di un progetto pilota a livello nazionale, un gemellaggio tra un carcere molto grande e strategico e uno più piccolo e periferico. Contestualmente, l’idea è di portare all’interno della Casa circondariale di Belluno l’opera «Borsellino atto finale», portando sul palco anche alcuni detenuti dell’istituto di Baldenich: si tratta di un’attività che la compagnia teatrale ha già portato avanti a Locri, Reggio Calabria e Viterbo. Il progetto nella sua connotazione bellunese è finanziato dal Csv Belluno e sostenuto dal dipartimento Politiche sociali di Aics nazionale, per promuovere la cultura della legalità e della corresponsabilità, in particolare nella gestione delle dinamiche interattive tra pari, per impedire la ghettizzazione e la discriminazione.


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