Il trend demografico bellunese si riassume in una parola: spopolamento, reso ancora più preoccupante dall’avvento della pandemia. I dati elaborati dallo Spi Cgil del Veneto testimoniano ancora una volta che in provincia di Belluno il numero degli abitanti e dei nuovi nati crolla mentre si impenna quello degli anziani e in particolare degli ultraottantenni.
Da gennaio a novembre 2020 (ultimo dato disponibile), il Bellunese ha perso più di 1.500 abitanti, passando dai 201.309 residenti di gennaio ai 199.802 di novembre. Non solo. Renato Bressan segretario regionale dello Spi-Cgil del veneto evidenzia come ci sia stato un netto decremento del numero di nuovi nati che dal 2012 al 2020 sono diminuiti del 25% (da 1.460 a 1.104). Al contrario, cresce la popolazione anziana e, di conseguenza, crescono i bisogni di questa fascia di popolazione messa in ginocchio dal Coronavirus. Tanto per intenderci, sempre dal 2012 al 2020 il numero di ultraottantenni si è impennato del 10%: da 15.390 a 16.821 over 80 in otto anni. Come fare, dunque, per combattere questo trend demografico che a lungo andare rischia di impoverire ancor più il territorio bellunese?
«Abbiamo bisogno di recuperare risorse per aiutare le famiglie», spiega Maria Rita Gentilin, segretaria dello Spi Cgil di Belluno, «per favorire politiche genitoriali visti i dati della denatalità e sull’invecchiamento della popolazione. Perciò da sempre spingiamo per le fusioni fra comuni che favorirebbero minori spese per la macchina amministrativa e maggiori risorse per le politiche sociali. Con questi soldi si potrebbero aiutare le persone anziane nelle loro esigenze sanitarie e socio sanitarie e soprattutto i nostri grandi anziani che colpiti spesso da patologie croniche si ritrovano a dover sopportare costi a volte proibitivi legati alle rette delle strutture residenziali nelle quali devono essere ospitati per una sopravvenuta non autosufficienza».
Gentilin ricorda che in provincia di Belluno la prima aggregazione risale al 1854 quando Villabruna si fuse con Feltre. Alla stessa Feltre nel 1857 si aggregò Zermen. Negli ultimi anni, 12 comuni si sono fusi costituendo cinque nuovi comuni e usufruendo di corposi finanziamenti statali e regionali. Attualmente il Bellunese ospita 61 comuni totali di cui, però, 43 non arrivano a 3.000 abitanti.
«Assieme alle altre organizzazioni sindacali», commenta Maria Rita Gentilin, «nella piattaforma inviata a tutti i comuni del bellunese tra i tanti temi abbiamo inserito le fusioni comunali. È proprio in questo difficilissimo periodo di pandemia che dobbiamo guardare con attenzione a tali soluzioni. Mai come oggi è necessario recuperare risorse per il welfare di emergenza. Con le fusioni si potrebbero davvero favorire politiche sociali in grado di farci uscire dalla crisi senza eccessivi contraccolpi».
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3 commenti
giuliano SACCO
iniziativa perfetta quella della unione dei comuni. Bisogna insistere sugli organi di informazione e sui sindaci e sulla popolazione. ciò è urgente specialmente nella montagna bellunese: il COMELICO.
SONO 5 COMUNI che uniti farebbero un unico comune di 7500 abitanti. continuate a fare propaganda. giuliano sacco
Francesco
E da tanto tempo che piangi il morto con questo argomento……e non fai niente……o fai o te ne vai…
Mario Fornaro
I Comuni nel Bellunese erano 69 (salvo errore). Con le fusioni sono 61 perché 12 si sono fusi. Con i ‘corposi finanziamenti’ di cui scrive la Sig. Gentilin, lo spopolamento in tali Comuni è diminuito? Quali ‘politiche sociali’ hanno attuato i Comuni fusi ? Che vantaggi hanno tratto gli abitanti dalle ‘rottamazioni’ di Municipi, Sindaci, Assessori e Consiglieri? Sani!