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lunedì 15 Dicembre 2025,

Don Ottone a Mel per la Festa della Repubblica

Sarà proposta una riflessione dal titolo «La promessa condivisa», sui valori del vivere civile e democratico espressi nella Costituzione Italiana.

Il Comune di Borgo Valbelluna insieme con le associazioni d’Arma celebra il 2 giugno, Festa della Repubblica. L’appuntamento è per mercoledì 2 giugno in piazza Papa Luciani a Mel alle 18. La cerimonia prevede l’alzabandiera e poi una riflessione sui valori del vivere civile e democratico contenuti nella Costituzione, riflessione che sarà proposta da don Rinaldo Ottone docente di filosofia all’Istituto di Scienze religiose Giovanni Paolo I sul tema «La promessa condivisa».

Successivamente sarà consegnata copia della Costituzione italiana ai giovani che hanno compiuto 18 anni. In caso di maltempo, nel rispetto delle norme per il contenimento della pandemia, la cerimonia si svolgerà nella sala dell’ex chiesa di San Pietro in borgo Garibaldi a Mel.

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3 commenti

  • grato se L’Amico del Popolo vorra’ pubblicare, anche solo in testo, la riflessione di don Rinaldo Ottone

    • Buongiorno. Don Rinaldo Ottone ci ha fornito il testo del suo intervento. Lo incolliamo qui di seguito. Un cordiale saluto, grazie.

      La promessa condivisa
      Incontro con i giovani neo diciottenni di Mel
      in occasione della consegna della Costituzione (02.06.2021)

      La venuta alla luce della Costituzione italiana è stato il frutto di un intreccio prodigioso in cui le anime della vita e della cultura italiana sono riuscite a trovare un compromesso nel progettare la casa comune. La parola “compromesso” oggi non suona bene, ma il suo significato etimologico è invece meritevole di essere considerato e ripreso: il com-promesso, o meglio, la com-promessa è quella che accade per esempio in un matrimonio: i due si promettono insieme l’uno all’altro. Il compromesso implica la disponibilità a non irrigidirsi sul proprio modo di vedere, a cedere sulle proprie ragioni, a cambiare idea, ma, come dice Joseph Joubert (1754-1824), filosofo francese: Quelli che non cambiano mai le proprie opinioni amano sé stessi più di quanto amino la verità. Cambiare idea è saggio, solo gli stupidi non la cambiano mai, e tuttavia cambiarla troppo spesso significa solo che – come dice qualcuno – non se ne è mai avuta una. Ebbene la Costituzione è il frutto del pensiero di uomini che hanno amato la verità più delle proprie opinioni, che hanno saputo cambiare idea, ma non semplicemente perché non ne avevano nemmeno una, bensì perché hanno accettato di camminare insieme nella ricerca del bene comune.
      Forse proprio per questo la nostra Costituzione è stata definita “la più bella del mondo”; un simile apprezzamento, credo, è legato soprattutto alla parte dedicata ai Principi fondamentali. Lì
      emerge l’indicazione di un dovere che oggi non è più così chiaro e condiviso: il dovere della solidarietà economica e sociale, il dovere di partecipare alla vita politica e amministrativa – compreso il dovere, che pure non è sanzionato, di votare – e il dovere tributario, in base al quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e
      secondo criteri di progressività.
      Da questo punto di vista vorrei mettere in rilievo tre principi, tre punti d’appoggio che, come le gambe di uno sgabello, permettono alla nostra costituzione di “stare su”. Contemporaneamente, metterei in evidenza tre pericoli, tre rischi, tre nemici della nostra Costituzione. Ora, si sa che,
      con uno sgabello a tre piedi, basta che uno solo si rompa per far “cadere giù” tutto. Per questo occorre vigilare sui pericoli che continuamente minacciano la nostra bella Costituzione.

      1. La partecipazione e l’indifferenza

      Per il primo caposaldo prenderei spunto da una canzone di Giorgio Gaber: La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero: libertà è partecipazione. Nel nostro tempo sembra invece che la libertà sia essenzialmente una questione individuale.
      In questa linea i quattro capitoli della nostra Costituzione dedicati ai diritti dei cittadini sono definiti con la parola “rapporti”, la qual cosa presuppone un mondo di relazioni, di connessioni, di legami. Nel nostro tempo sembra invece che la questione dei diritti sia essenzialmente una
      questione individuale…
      I costituenti avevano la preoccupazione di evitare una lettura dei diritti in chiave prevalentemente privata o, per meglio dire, individualistica. Erano consapevoli di essere
      impegnati a costruire una “comunità nazionale” e l’idea che avevano è che nessuno è mai da solo, nessun uomo è un’isola, ma è sempre inserito in un insieme di relazioni.
      In questo senso, l’indifferenza, cioè il disinteresse per la politica, è il primo pericolo da cui bisogna guardarsi. Voi direte: Con i tempi che corrono questo ci viene a dire di rispettare la politica?. Qui
      riprenderei Benigni, il quale dice: No, non vi dico di rispettarla, vi dico di amarla. Di amare la politica. È la cosa più alta del pensiero umano per costruire la nostra vita insieme. Per organizzare la pace, la serenità e il lavoro. C’è solo la politica, non è che c’è un’altra scienza. […] Non avere interesse per la politica è come non avere interesse per la vita. […] Non ti interessa nemmeno
      quella di tuo figlio: se andrà a scuola, se avrà un buon insegnamento, se s’ammala se sarà curato, se si sposerà, se troverà un lavoro. No, non mi interessa. Fate voi. Fate voi? La vita di tuo figlio? La tua?
      Certo, ci sono dei politici che sono tremendi, ma non bisogna confondere la politica con chi in quel momento la rappresenta: non è vero che i politici sono tutti uguali.

      2. Il pubblico e il privato

      Uno dei problemi che, ancor oggi, sono più difficili da risolvere riguarda il faticoso rapporto fra il pubblico e il privato. Questo tema continua a suscitare polemiche di ogni tipo, ma costituisce uno dei cardini del pensiero dei costituenti; in modo del tutto particolare viene indicato chiaramente il primato della destinazione universale dei beni rispetto allo strumento operativo che ne è la proprietà privata. Mentre oggi si rischia di invertire questo ordine. Quando succede questa “inversione”, l’obiettivo supremo diviene la tutela assoluta e dogmatica della proprietà privata. Oggi, su questo argomento, non si può citare più nessuno, se non papa Francesco, ma molti dicono che anche lui è politicamente “troppo schierato”. Allora citerò un testimone antico, al di sopra di ogni sospetto, di Milano, quello che ha contribuito con le sue parole a convertire quel giovanotto scapestrato che era Agostino d’Ippona; quest’uomo si chiamava Ambrogio e scriveva così: La terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e per i poveri: perché, o ricchi, vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo? Quando aiuti il povero, tu [ricco] non gli dai il tuo, ma gli rendi il suo; infatti la proprietà comune, che è stata data in uso a tutti, tu solo la usi. La terra è di tutti, non solo dei ricchi; dunque, quando tu aiuti il povero, tu restituisci il dovuto, non elargisci un tuo dono.
      Intendiamoci, la proprietà privata non è certo un male in sé, ma, come ci fanno capire i costituenti, è essenziale comprenderla come strumento operativo al servizio della destinazione
      universale dei beni.

      3. Fratelli tutti

      Nella Costituzione si parla dei diritti e doveri dei cittadini. E per chi cittadino non è? Si noti che, quando la Costituzione è stata scritta il fenomeno dell’immigrazione non era neanche all’orizzonte. Per la nostra Costituzione, a tutti coloro che si trovano sul territorio nazionale, a prescindere dal loro statuto giuridico, semplicemente in quanto persone, sono riconosciuti alcuni diritti fondamentali, come per esempio il diritto alla salute. Secondo la nostra Costituzione, quindi, tutti coloro che si trovano sul territorio nazionale, non solo i cittadini italiani, sono, in quanto persone, soggetti di diritti e di doveri. Benigni commenta: c’è una sola cosa più grande di “amare la propria patria” ed è “amare il mondo!”. E la nostra Costituzione contiene proprio questo principio. C’è da non crederci! Benigni dice che è come se John Lennon avesse scritto Imagine quarant’anni prima! In questa stessa linea, all’articolo 11, si dice una cosa che a me sta molto a cuore: l’Italia ripudia la guerra, e non ve lo dico perché sono un obiettore di coscienza, ma perché, in questo, mi sento semplicemente italiano.
      Papa Francesco scrive una cosa che io applicherei proprio alla Costituzione: Se la musica [di questa bella notizia = Vangelo] smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre [accolti e rimessi in cammino = perdonati-inviati]. Se la musica [di questa bella notizia] smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna (FT 277). Direte, ma perché, parlando della Costituzione, si cita il papa, che c’entra?

      Da dove viene questa musica?

      Nel 1947 il neo parlamento italiano viene riunito in seduta comune e ci furono molti interventi uno più bello dell’altro; Pietro Calamandrei disse: Alla fine dei nostri lavori, talvolta difficili e perfino incresciosi… vi è nella nostra coscienza la sensazione di aver partecipato in questa nostra opera a una ispirazione solenne e sacra. Molti interventi gli fecero eco dimostrando che tutti avevano la sensazione di aver sentito l’influsso di un’ispirazione davvero speciale. Fu allora che Benedetto Croce riassunse l’andamento degli interventi citando le parole dell’“inno sublime” – come lo definì – alla fine del suo intervento:

      Veni, Creator Spiritus, mentes tuorum visita; […]
      Accende lumen sensibus, infunde amorem cordibus.

  • Grazie!

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