Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato ieri, martedì 19 ottobre, con i voti della coalizione leghista e di parte del gruppo misto e l’astensione delle opposizioni e di Fratelli d’Italia, la proposta di legge presentata dai consiglieri della lista Zaia e della Lega, prima firmataria la bellunese Silvia Cestaro. La nuova legge impegna la Regione a tutelare, promuovere e valorizzare l’uso del ladino, del cimbro, del friulano nelle rispettive comunità etniche e linguistiche; riconosce la facoltà di usare le lingue minoritarie nelle sedi istituzionali (nelle modalità previste dalla legge nazionale 482 del 1999, ovvero là dove le minoranze linguistiche rappresentino almeno il 15 per cento della popolazione) e si impegna a favorirne «il ripristino, sempre associato alla lingua italiana, nelle prassi degli enti locali».
«Nel territorio regionale – ha ricordato la relatrice Cestaro – sono tre le isole linguistiche presenti: i cimbri, appartenenti al ceppo linguistico germanico attivo in Lessinia e nel Cansiglio, i ladini nell’area cadorina e le comunità che parlano il friulano nel territorio portogruarese compreso tra Livenza e Tagliamento. Sino al 2017 si aggiungeva anche la lingua germanofona parlata a Sappada, territorio poi passato al Friuli Venezia Giulia. La promozione del rispetto e dell’uso delle lingue regionali minoritarie e la conservazione delle loro identità culturali sono premessa e obiettivo di una società regionale pluralistica e democratica, cosciente delle proprie peculiarità. Scopo di questa legge non è solo valorizzare il recupero e la conservazione di queste lingue, ma promuovere anche la ricerca, lo studio, la divulgazione, l’apprendimento e l’utilizzo insieme alla valorizzazione di musei, istituti e tradizioni culturali».
In base alla nuova legge la Regione Veneto sosterrà enti e organismi che promuoveranno la ricerca storica e linguistica sulle comunità ladine, cimbre e friulane, la pubblicazione di studi, ricerche e documenti, i corsi di cultura locale, la valorizzazione delle lingue minoritarie nelle scuole, nell’editoria e nei mass media, iniziative didattiche per l’apprendimento di tali lingue, la creazione e la valorizzazione di musei locali e di istituti culturali, servizi di traduzione e di ricerca lessicografica, l’organizzazione di manifestazioni su usi, costumi e tradizioni, la valorizzazione della toponomastica e – novità – collaborazioni e gemellaggi anche transfrontalieri tra Comuni o altri enti locali sulle aree di insediamento dei rispettivi gruppi linguistici.
La dote finanziaria della legge è di 120 mila euro (20 mila in più rispetto a quelli inizialmente previsti) dedicati a valorizzare le minoranze e tutelarne il patrimonio linguistico. A coordinare i programmi e finanziamenti per la comunità ladina sarà la provincia di Belluno, che in base allo Statuto regionale e alla legge sull’autonomia bellunese provvederà a sostenere la Federazione delle associazioni ladine dell’area dolomitica. Per le minoranze cimbra e friulana sarà invece la Regione a gestire i finanziamenti ai rispettivi organismi di rappresentanza, in accordo con gli enti locali.
È previsto inoltre uno stanziamento straordinario in conto capitale di 50 mila euro, da erogare solo per quest’anno alla Provincia di Belluno, finalizzato all’acquisto e al recupero del patrimonio librario dell’istituto Ladin de la Dolomities di Borca di Cadore.
«Con questa legge si riconosce anche la lingua cimbra, non prevista dalla legge nazionale sulle lingue minoritarie – ha osservato la correlatrice di minoranza Elena Ostanel (Veneto che vogliamo) motivando le riserve delle opposizioni – L’istruttoria in commissione ha in parte risolto il profilo di incostituzionalità sull’uso della doppia lingua nelle istituzioni, ma non sembra tener conto che il cimbro è parlato da appena un migliaio di persone, di cui 600 in Trentino e circa 400 in Veneto, mentre il ladino è parlato in 42 comuni del Bellunese e la lingua friulana in sei comuni del Veneto Orientale. Forse sarebbe stato meglio aggiornare la legge esistente del 1994, senza operare inutili forzature della legge nazionale, come affermare l’utilizzo delle lingue minoritarie nelle prassi degli enti locali o nell’editoria e nelle emittenti pubbliche. La nuova legge allarga troppo e rende discrezionale la scelta dei soggetti da sostenere e interviene in ambiti che non sono di competenza regionale».
È subito insorto Stefano Valdegamberi (gruppo misto), che ha difeso la dignità e la storia della minoranza etnico-linguistica cimbra, una delle matrici culturali – ha ribadito – del Veneto montano pedemontano. «La cultura cimbra è un ponte culturale con l’Europa, chi conosce il cimbro impara facilmente il tedesco e l’yiddish», ha sostenuto il consigliere della Lessinia, che ha tacciato di ‘fascismo’ il ragionamento della correlatrice e ha scandito le parole finali del suo intervento in lingua cimbra. I toni in aula si sono ulteriormente surriscaldati con gli interventi di Andrea Zanoni e di Jonatan Montanariello del Pd, solidali con Ostanel.
La presidente della commissione Cultura Francesca Scatto (Zaia presidente) ha ricordato che la lingua è ‘fattore di identità culturale’: «La ratio della legge risponde alla necessità di tutelare e valorizzare le minoranze, anche le più piccole». Analogo registro è stato utilizzato dal capogruppo della Lega Giuseppe Pan che ha ribadito il valore identitario della lingua ‘madre’, imparata nella prima infanzia, e ha ricordato come in Veneto «la cultura dei boschi sia eredità del popolo cimbro».
«La lingua cimbra appartiene al ceppo germanico, espressamente riconosciuto della carta europea delle lingue minoritarie del 1998 e dalla legge nazionale del 1999. Inoltre la sua tutela era già presente nella legge regionale 77 del 1994», ha puntualizzato la relatrice Cestaro in replica alla correlatrice.
«Stiamo creando una tempesta in un bicchier d’acqua», ha gettato acqua sul fuoco Marzio Favero (Liga). «Definire ‘fascista’ chi non è a favore delle lingue minoritarie è un riflesso condizionato, frutto di un retaggio storico». Per Favero «oggi è in corso una sorta di olocausto linguistico, la globalizzazione sta uccidendo quella pluralità linguistica che è valore aggiunto, patrimonio culturale e risorsa educativa per i più piccoli. Invito tutte le forze politiche a sostenere questa proposta di legge perché non è espressione di una parte politica identitaria, ma è interesse di tutti, perché valorizza la complessità culturale del nostro territorio».
La vicepresidente dell’assemblea Francesca Zottis (Pd) ha invitato a cogliere il valore culturale di una legge che riconosce nelle lingue un patrimonio di valori e di significati, ma ha anche sollecitato – «per coerenza» – analoga attenzione all’autonomia e alle specificità dei relativi territori, come il Bellunese e il Veneto orientale.
Sul riconoscimento dell’autonomia della provincia di Belluno, per l’esercizio delle funzioni conferite, ha posto l’accento anche il capogruppo del Pd Giacomo Possamai: «Bene l’impostazione della legge che preserva il valore delle minoranze linguistiche – ha spiegato – ma vorremmo linearità: la Regione Veneto dovrebbe almeno sostenere con adeguate risorse i compiti amministrativi e progettuali che affida alla provincia bellunese. Per questo motivo noi ci asteniamo».
Un aperto plauso all’iniziativa legislativa è stato espresso da Cristina Guarda (Europa Verde).
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