Dino Buzzati e Luigi Regianini, artisti entrambi legati a Milano e a Belluno, due storie personali, professionali e artistiche molto diverse però forse accostabili, non soltanto in ragione delle affinità geografiche: Buzzati (1906-1972) e Regianini (1930-2013) mostrarono una sensibilità verso i temi e gli stili del surrealismo che in effetti induce al confronto.
È l’intento di una pubblicazione disponibile in formato pdf, realizzata nella primavera scorsa per cura del Museo Regianini Surrealismo di Costalissoio di Santo Stefano di Cadore, insieme con il Cedore, Centro Documentazione Regianini, cogliendo l’occasione del 50° anniversario della morte di Dino Buzzati che ricorre in questo 2022. Il lavoro si intitola «Due artisti bellunesi-milanesi: Dino Buzzati e Luigi Regianini: quali analogie?», si presenta come esito di una ricerca compiuta dalle Pubbliche relazioni del Museo Regianini Surrealismo, che sono curate da Angela De Villa, Ludovica Regianini, Guido Buzzo e Pino Bertorelli. Il lavoro consta di 48 pagine, con molte immagini. Per informazioni, scrivere a museoregianini@libero.it
«I due artisti si sono incontrati varie volte a Milano ed hanno condiviso idee sull’arte e sulla vita in questo nostro “assurdo” mondo», scrivono gli autori nell’introduzione, «facendo riferimento alle loro opere (che citiamo o riproduciamo, se si tratta di disegni o dipinti, per dare forza probativa alle nostre affermazioni), abbiamo individuato diverse convergenze sugli interessi coltivati e sulle scelte artistiche».
Il libro si apre con una sorta di sinossi: una serie di fatti ed elementi che hanno caratterizzato le vite dei due artisti, vengono affiancati per un suggestivo confronto. Sul piano artistico, l’accostamento non può non partire dal “fantastico”: «Buzzati era estraneo alle tendenze neorealiste, allora in voga, e veniva spesso etichettato come “scrittore del fantastico”. Già nel secondo libro, Il segreto del Bosco Vecchio, pubblicato nel 1935, si afferma il gusto del fantastico che diventerà una delle note dominanti del suo stile. Anche nel suo capolavoro la componente fantastica e surreale è fondamentale, come, per citare solo un’altra opera, ne L’invasione degli orsi in Sicilia. È considerato il Kafka italiano. E Il Deserto dei Tartari spesso è visto come emblema del Surrealismo e del racconto fantastico del Novecento». «Regianini appartiene alla corrente artistica del Surrealismo, regno del fantastico e dell’immaginario. È considerato uno dei più validi esponenti italiani di tale movimento. Egli è un surrealista convinto, “improntato a tutti gli assurdi della fantasia”, che a volte si fonde con un realismo preciso, miniaturistico. Nessun limite è posto alla sua immaginazione e alla sua fantasia, come mezzo per “togliere il velo” che copre la realtà, che egli vuole mostrarci».
Per entrambi gli artisti la pubblicazione evidenzia, con documentazione, il ricorso ai sogni rivelatori di realtà nascoste e ispiratori di contenuti; la cura minuziosa dei particolari, non come elementi ridondanti ma funzionali alla trasmissione del messaggio; l’amore per la montagna e in particolare per le Dolomiti; la presenza di animali nelle opere, spesso con significato simbolico; l’attenzione per le tematiche riguardanti la vita e la morte; l’attenzione verso le tematiche religiose.
Si mostra la precisa scelta di alcuni identici soggetti, come il duomo di Milano e l’urlo. L’incursione di entrambi, Buzzati e Regianini, nella modalità espressiva della grafica è un ulteriore tratto parallelo.
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