Erano molti ieri sera i fedeli convenuti in Cattedrale dalle cinque parrocchie del centro cittadino, per la celebrazione della Passione del Signore. Una celebrazione caratteristica per una solenne sobrietà, per il silenzio con cui si è aperta, mentre il Vescovo si è prostrato. Lo ha ricordato nell’omelia: «Abbiamo iniziato nel silenzio, con dei gesti che evocano la prostrazione, la perdita, l’essere precipitati a terra, il senso dell’inutilità di quanto già vissuto e realizzato. Nei riti di questa celebrazione della Passione possiamo avvicinarci a questo svuotamento quando sembra che il mondo ci cada addosso e non ci sia più possibilità di riscatto o di una via d’uscita».
Poi le letture del profeta Isaia e della lettera agli Ebrei e quindi la Passione secondo Giovanni. «Gesù è giunto nella sua passione, che stasera abbiamo rivisitato, proprio lì al punto di essere gettato come coccio rotto e inutile, come intrigo, come ostacolo, come pietra d’inciampo, come nemico, come usurpatore, come blasfemo». In quel momento anche Gesù pare giunto a quell’estremo della disperazione «dove appare che tutto è stato inutile. Si insinua la tentazione più grande. È “la prova di tutte le prove. Quella che Gesù stesso, per un attimo, ha domandato al Padre se non gli potesse essere risparmiata. Quella prova/tentazione, che sintetizza tutte quelle in cui Gesù ci ha insegnato a chiedere al Padre di non essere abbandonati”», ha commentato il Vescovo, citando il teologo Pierangelo Sequeri.
Ma – chiede il Vescovo – come possiamo «avvicinarci a questa impotenza e umiltà di Dio che si manifesta in Gesù?». E nota che «l’evangelista Giovanni stasera con tenerezza e delicatezza ci ha condotto dinnanzi al buio della morte di Gesù mettendoci accanto alla madre di Gesù, a sua sorella e a Maria di Màgdala. Accanto c’è il discepolo che Gesù amava. Lo percepite? C’è una scintilla d’amore che viene accesa, in quel buio, in quel vuoto, in quella crudeltà… Lì la bruttezza e la cattiveria e la violenza scatenate sembrano ancora vincere, ma sono ribaltate dall’ultimo amorevole sguardo di Gesù, dal suo donare tutto – la madre al discepolo e il discepolo alla madre – dalle sue parole finite: “Ho sete. […] È compiuto!”».
Dopo la grande preghiera universale, unica in tutto l’anno liturgico, ha preso inizio l’adorazione della croce, presentata tre volte dal diacono all’assemblea: «Ecce lignum crucis…». L’assemblea, sostenuta da un piccolo coro, ha risposto: «Venite adoremus». In un clima composto e raccolto, tutti si sono avvicinati alla croce per un atto di devozione.
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