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domenica 8 Settembre 2024,

Diga del Vanoi, perplessità del Cai Veneto che chiede un referendum

Dopo un incontro di approfondimento tenutosi a Feltre, il Cai regionale ha espresso la convinzione che per contrastare la siccità sia necessario in primo luogo gestire meglio gli invasi già esistenti e migliorare i sistemi di irrigazione della pianura.

A seguito di un incontro di approfondimento tenutosi a Feltre il 18 luglio, ieri il Cai Veneto, anche come Associazione di protezione ambientale, ha espresso perplessità sulla possibile realizzazione di un invaso sul torrente Vanoi, definendola «opera di forte impatto ambientale, fortemente e motivatamente osteggiata dagli abitanti del Primiero e del Feltrino e progettata su un territorio già sottoposto a servitù a causa della presenza di numerosi invasi per la produzione di energia elettrica».

Oltre a ciò il presidente del Cai Veneto, Renato Frigo, e il presidente del Cai di Feltre, Renzo Zollet, hanno anche sottolineato la necessità di un’adeguata manutenzione degli invasi già presenti per aumentarne le capacità, oggi molto ridotte a causa dell’erosione a monte e del trasposto solido dei torrenti, con successiva sedimentazione dei materiali all’interno dei bacini. Una manutenzione che è condizione indispensabile per consentire un proficuo rapporto tra la montagna e la pianura.

I due esponenti del Cai riconoscono che vi è una forte preoccupazione a causa del ridotto apporto idrico di cui può godere la pianura durante i periodi siccitosi, ma fanno presente anche che il problema va affrontato in modo diverso, «pianificando un diverso utilizzo dell’acqua in agricoltura con metodi meno dispersivi, più razionali e più attenti ai cambiamenti climatici in atto».

«L’Italia – informano ancora Frigo e Zollet – detiene il record in Europa per prelievi di acqua, con quasi 40 miliardi di metri cubi all’anno. Si tratta di acqua prelevata da fiumi o falde acquifere per l’utilizzo dell’uomo. Questo dato, messo in rapporto alla disponibilità, ci rende il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico». Inoltre «l’Italia con circa 130 miliardi di metri cubi ogni anno è il terzo Paese europeo con la maggiore disponibilità di acqua, necessaria non solo alle attività umane ma anche al sostentamento di tutti gli ecosistemi. Questo valore si è già ridotto del 20% rispetto a inizio ‘900 e potrebbe diminuire di un altro 40% (con picchi del 90% al Sud)».

Ancora: «In Italia l’agricoltura è il primo settore per consumo di acqua (16 miliardi di metri cubi in un anno, ben il 40% del totale) ed è secondo solo alla Spagna. Il degrado del suolo agricolo, aggravato dalla crisi climatica, in Italia è particolarmente critico: non solo perché stiamo perdendo in media ogni anno 10 tonnellate di suolo fertile per ettaro (record in Europa), ma in quanto l’Italia vanta anche il record europeo di acqua prelevata a usi civili, quasi doppiando i valori di Germania, Francia e Spagna. Il prelievo è alto per due motivi: da un lato, perché l’infrastruttura idrica è vecchia, caratterizzata da investimenti insufficienti, e
perde per strada 42 litri ogni 100 prelevati (contro i 33 di fine anni ‘90); dall’altro, perché il consumo pro
capite di un cittadino italiano è il più alto d’Europa, con quasi 220 litri al giorno (fonte dei dati: ricerca
2023 di Italy for Climate)».

Di qui la conclusione: deve essere promosso un uso più efficiente e circolare dell’acqua perché qualche invaso, ben collocato, può essere utile per aumentare le riserve idriche per l’agricoltura, ma pensare di poter mitigare la siccità moltiplicando gli invasi è semplicemente illusorio. La prima e più importante misura di adattamento della nostra agricoltura dovrà essere quella di ridurre i suoi consumi di acqua con sistemi di irrigazione più efficienti, a goccia e/o con quelli per una agricoltura di precisione, anche in un contesto di
compatibilità con alcune tipologie colturali in un’ottica di sempre minore disponibilità idrica e temperature crescenti.

Frigo e Zollet hanno inoltre ricordato che dal 26 giugno 2023 vige il Regolamento europeo 2020/741 per il riutilizzo delle acque reflue trattate ai fini irrigui che, se correttamente applicato, può aumentare con adeguati trattamenti, controlli e garanzie, le risorse idriche disponibili, attenuando gli impatti delle siccità senza compromettere il flusso ecologico minimo dei corsi d’acqua.

«Come Cai – questa la conclusione di Frigo e Zollet – riteniamo importante ascoltare le popolazioni che sono coinvolte territorialmente dall’opera mediante referendum, non rivolto alla scelta dell’ipotesi A, B, C o D di costruzione dell’invaso, ma sulle ricadute sociali e ambientali dell’opera nel territorio dove vivono».

1 commento

  • Come ho già scritto in altre occasioni, oltre a pensare alla riduzione dei depositi di detriti nei bacini esistenti di Ponte Serra e di Arsiè per aumentare la capacità di stoccaggio è sicuramente più opportuno cercare di inviare le acque provenienti dalle precipitazioni nelle falde sottostanti dove sono presenti cavità enormi che aspettano solo di essere riempite come proposto nel 2020 nel mio post 32 su Linkedin.
    Si tratta di installare sulle sponde di corsi d’acqua accessibili con escavatore dei tubi drenanti verticali o appena inclinati, D10-12 cm, che posizionati in prossimità del massimo riempimento funzionano solo per eventi eccezionali come dei pozzi rovesci con la possibilità anche di limitare il pericolo di allagamenti o straripamenti .
    Deve essere appurato, da sondaggi effettuati in zona, che la dispersione può avvenire in strati drenanti situati al di sotto di strati impermeabili tenendo presente che la profondità di infissione, per escavatori diffusi sul territorio è di 6.0m, come la dimensione commerciale dei tubi.
    Un escavatore può posare da 2 a 4 pali all’ora secondo l’accessibilità con pali in acciaio asolati o con tubi drenanti rigidi posizionati con tubi in acciaio muniti di punta a perdere e da recuperare per la successiva infissione.
    L’estrazione potrà avvenire con pompe elettriche alimentate da pannelli fotovoltaici o da batterie con gli stessi caricati.
    Anche la riduzione dei detriti nei serbatoi può avvenire sfruttando la capacità di trasporto dell’acqua durante le precipitazioni accompagnando preliminarmente i detriti sul fondo della diga dove i rilasci faranno fluitare acqua e detriti.
    E questo anche per eventuali altre traverse a valle.
    Facendo pervenire la sabbia al mare, come succedeva un tempo.
    Non come si fa oggi con i bilici.

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