Sarà inaugurato giovedì 19 settembre, alle ore 18, il Museo dell’Uomo della Val Rosna (Muvar), a Sovramonte. Racconterà il primo popolamento umano delle Alpi con ricostruzioni e filmati, approfondendo i vari aspetti del ritrovamento della sepoltura del cacciatore del Paleolitico Superiore, avvenuto nel 1987-1988, grazie ad Aldo Villabruna che segnalò il sito e allo scavo successivo diretto da Alberto Broglio, già ordinario di Paleontologia umana all’Università di Ferrara.
Dopo Ötzi l’uomo di Similaun (vissuto 5.300 anni fa) e Valmo l’Uomo di Mondeval (vissuto 8 mila anni fa), la “famiglia” degli uomini preistorici che hanno popolato le Alpi dà il benvenuto all’uomo della Val Rosna, noto anche come “uomo di Villabruna”, risalente a 14 mila anni fa, all’Epigravettiano, ultima fase del Paleolitico Superiore: a lui, conosciuto sino ad ora solo in ambito scientifico, viene dedicato il Museo dell’Uomo della Val Rosna. Il centro scientifico, gestito da Tramedistoria Impresa Sociale, racconterà in nove sale la vita dei primi uomini sulle Alpi, approfondendo gli aspetti e le tematiche, che il ritrovamento della sepoltura dell’Uomo della Val Rosna ha portato alla luce.
Sono almeno tre i primati di questo progetto: la sepoltura dell’uomo della Val Rosna e i suoi resti sono tra i più antichi sino a oggi rinvenuti in area alpina; in secondo luogo, il corredo di pietre dipinte è uno straordinario esempio di arte funeraria; infine la sua dentatura rivela il primo caso di cura odontoiatrica della storia.
Il sindaco di Sovramonte, Federico Dalla Torre, non nasconde il suo entusiasmo: «L’apertura del Muvar rappresenta per il territorio un avvenimento di grandissima importanza. Dopo quasi 40 anni dalla sua scoperta, finalmente il nostro concittadino più illustre avrà una “casa” degna di ospitarlo. Diventerà la perla archeologica delle Dolomiti, patrimonio Unesco, per la sua antichità. Posso dire che questo territorio, purtroppo per troppi anni rimasto ai margini dei flussi turistici, ora ha trovato il suo punto di riferimento fondamentale. Mi auguro veramente che tutte le categorie economiche e sociali sappiano cogliere al volo questa opportunità di sviluppo».
Curatore del centro scientifico è l’archeologo Marco Peresani, docente dell’Università di Ferrara, tra i massimi esperti del Paleolitico e allievo del professor Alberto Broglio, il direttore degli scavi archeologici. Gli esperti dell’associazione Tramedistoria Impresa Sociale, Diego Battiston e Simone Pedron, commentano: «Non potevano meritare di meglio, il cacciatore inumato al Riparo Villabruna, ma anche il professor Alberto Broglio, lo scopritore e lo studioso di questo straordinario contesto funerario, la cui unicità viene riconosciuta internazionalmente. Il percorso museale, corredato da un infopoint nel sito archeologico, rappresenta un tassello fondamentale per restituire alla comunità il valore di questo ritrovamento, foriero di un bagaglio di saperi che traccia l’eredità ricevuta dal passato in funzione del nostro presente e delle nostre responsabilità verso il nostro patrimonio. Il 19 settembre finalmente verrà inaugurato il Museo dell’Uomo di Val Rosna a Sovramonte. Il protagonista è l’Uomo di Val Rosna – o Uomo di Villabruna – e la sua è una tra le più importanti sepolture epigravettiane dell’arco alpino europeo che, tra le altre cose, presenta la più antica otturazione dentale al mondo, e una delle prime forme di arte funeraria. La particolarità del museo è che, pur non ospitando al momento reperti originali, riesce a raccontare in modo coinvolgente e accurato il contesto, grazie a nove sale in cui sono esposte ricostruzioni e copie fedeli degli oggetti rinvenuti e dove è possibile guardare video che ricreano filologicamente e in modo suggestivo le atmosfere ed i gesti di 14.000 anni fa. Altri filmati danno la parola ai protagonisti della scoperta, degli scavi e delle indagini, che raccontano in prima persona le fasi della ricerca archeologica».
IL CACCIATORE DEL PALEOLITICO
L’Uomo della Val Rosna era un cacciatore tra i 25 e i 30 anni, vissuto 14 mila anni fa e ritrovato insieme alla sua sepoltura lungo il fianco sinistro della Val Schenèr, che collega Fonzaso al Primiero: a compiere casualmente la sensazionale scoperta fu Aldo Villabruna, appassionato e studioso di preistoria, che durante i lavori di rettifica del tracciato stradale notò un accumulo di materiali detritici a forma di cono. Lo scavo archeologico della sepoltura cominciò nel 1988 e i lavori furono diretti dal professor Alberto Broglio dell’Università di Ferrara, con la collaborazione degli “Amici del Museo” di Belluno.
L’Uomo della Val Rosna, incompleto da metà dei femori in giù, fu deposto disteso e supino in una fossa profonda con il corpo reclinato a sinistra, verso la parete del riparo. Sul suo avambraccio sinistro furono posti un sacchetto contenente una punta in osso decorata da tacche, un coltello a dorso, una lama e un nucleo in selce, un ciottolo di siltite, usato come ritoccatore, e un grumo di sostanza resinosa, forse mastice. La fossa venne interrata e coperta da pietre, raccolte nei torrenti circostanti, alcune delle quali dipinte con ocra rossa.
I resti del cacciatore sono conservati all’Università di Ferrara, a disposizione degli studiosi, mentre il corredo funerario si trova al Museo Archeologico dei Musei Civici di Belluno.
UNA SCOPERTA SENZA PRECEDENTI
L’Uomo della Val Rosna rappresenta un unicum per diverse ragioni. Anzitutto, la sua sepoltura e i suoi resti sono i più antichi sino ad oggi rinvenuti sulla catena alpina: i “cugini” Ötzi e Valmo risalgono a periodi molto più recenti, mentre l’uomo di Val Rosna, con i suoi 14 mila anni, testimonia il primo popolamento umano delle Alpi.
Un altro elemento di unicità è dato dalla copertura di pietre dipinte, che rappresenta un eccezionale esempio di arte funeraria. Le quattro pietre dipinte che ricoprivano la sepoltura sono costituite da ciottoli con la parte decorata rivolta verso l’inumato e presentano rispettivamente le figure di un uomo danzante, alcune bande lineari e due palchi di cervo. Un’altra pietra piatta, con la parte dipinta rivolata verso l’alto, mostra in modo stilizzato una figura iperantropica, ovvero un uomo dalle molte braccia, a simboleggiare probabilmente la forza. La pittura, visibile a chi entrava, era una vera e propria lapide, che indicava la presenza della sepoltura. Stesso scopo sembra avessero le sei bande in ocra, ancora visibili sulle pareti del riparo in corrispondenza della tomba.
Infine, la dentatura dell’Uomo della Val Rosna rivela il primo caso di cura odontoiatrica della storia umana: è stata trovata traccia del trattamento di una carie su un dente del giudizio, tolta con punte di selce affilatissime e disinfettata e sigillata con propoli e cera d’api. La scoperta ha fatto il giro del mondo ed è stata pubblicata sulle principali riviste scientifiche internazionali.
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