Anche il Senato della Repubblica ha ricordato oggi, nel giorno del 61° anniversario, il disastro del Vajont. Nel pomeriggio, infatti, il senatore bellunese Luca De Carlo, è intervenuto in aula prendendo in prestito le parole con cui Dino Buzzati nei giorni successivi alla tragedia aveva sottolineato quanto fosse difficile scrivere della tragedia. «Parlare di Vajont per un bellunese è come chiedere a un uomo di scrivere il necrologio del proprio fratello», ha esordito il senatore, che ha definito quella del Vajont «una dolorosissima lezione che ha scosso profondamente l’Italia intera da cui non smettere mai di imparare e sulla quale continuare a fare un’opera instancabile di prevenzione».
D’altra parte quanto accaduto il 9 ottobre 1963 «è per la nostra nazione un simbolo: una tragedia del profitto, della superbia, della sottovalutazione della natura, dei suoi limiti e della sua forza», ha rimarcato in conclusione De Carlo sottolineando come l’evento debba essere «un racconto ammonitore che dobbiamo continuare a ricordare, agendo senza tentennamenti o passi falsi, a maggior ragione in una terra come il Bellunese dove una diga non è solo un’opera ingegneristica ma il simbolo di una ferita ancora aperta».
Al coro di voci che oggi hanno voluto ricordare il disastro del Vajont si è unito anche il sindaco di Belluno Oscar De Pellegrin. «Sessantuno anni fa, una catastrofe di proporzioni devastanti ha portato via vite e speranze, lasciando cicatrici profonde nel cuore della nostra terra e nella memoria collettiva».
La giornata di oggi si è dimostrata ancora una volta un’occasione di profonda riflessione soprattutto sul rapporto tra l’uomo e il territorio in vista di presente e futuro. «Se il disastro del 9 ottobre 1963 ci ha insegnato qualcosa è che la natura non va consumata e usata, ma preservata e “presa a prestito” con rispetto perché la crisi climatica ha messo sotto gli occhi di tutti la fragilità delle terre in cui viviamo, a rischio idrogeologico ormai ad ogni pioggia abbondante”, ha aggiunto infatti il sindaco.
Proprio per questo motivo, oltre che per il profondo rispetto che dobbiamo a migliaia di concittadini che hanno perso la vita sotto la furia dell’acqua, bisogna preservare il ricordo di quanto accaduto. «La
memoria», ha concluso De Pellegrin, «riscatta le morti silenziose del Vajont, sta all’uomo renderla il paradigma di ogni altra tragedia da evitare con tutte le nostre forze».
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