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sabato 21 Dicembre 2024,

Dal «Pan de Belun» al «Kodinzon»: ecco i dolci natalizi della tradizione bellunese

La prima puntata di una nuova rubrica di cucina dell'Amico del Popolo a cura di Rossella Neri (foto Corte dei Fornai)

Questa è la prima puntata di una nuova rubrica che il sito dell’Amico del Popolo ospiterà da oggi in poi. Si chiama «L’Amico a tavola» e tratta di cucina, prodotti tipici, piatti e tradizioni alimentari del nostro territorio bellunese raccontati dalla penna di Rossella Neri che così si presenta: «Filologa per formazione, mangiona per passione. Da quasi vent’anni scrivo di cibo, locali e ristoranti per il magazine 2night.it e per dissapore.com Faccio parte della generazione dei gastronomi della crisi: da quando il ristorante gourmet non è più alla portata delle redazioni, mi sono specializzata in lievitati, grandi e piccoli, pizze e gelati. Le storie mi piacciono tutte, se parlano di sostenibilità ancora di più».

Avete anche voi piatti e tradizioni che volete proporre ai nostri lettori? Raccontatecele nei commenti!

Questi sono gli anni del panettone. Almeno dal boom economico in poi il panettone, prima industriale e oggi artigianale, è il dolce sine qua non delle tavole natalizie. C’è chi addirittura sta provando a destagionalizzarlo, tanto che fa capolino dagli scaffali dei supermercati da settembre inoltrato e qualcuno vorrebbe farcelo portare perfino in spiaggia, ripieno di frutta candita estiva. E così ormai anche i nonni che abitano in montagna ti rispondono che il dolce di Natale, qui a Belluno, è il panettone. Solo qui e lì si trova qualcuno con una memoria migliore, che ricorda ancora le tradizioni autoctone, fatte di dolci poveri, con gli ingredienti locali, che le nonne (soprattutto loro) cuocevano nel forno a legna per i nipotini a natale.

Eppure dolci di Natale di una volta possono essere sorprendentemente attuali, e varrebbe la pena di riscoprirli, in questi anni di salutismo: sono iper-locali, spesso senza zucchero, integrali. Dai biscotti a forma di omino con i chiodi di garofano per fare gli occhi, alle barrette di mela essiccata che si infilavano nelle calze dei bambini, fino agli impasti di mais sponcio, “che punge”, per via forma appuntita delle cariossidi, le cui prime testimonianze scritte risalgono al 1588, in un documento feltrino. Il mais sponcio dà vita a una polenta più grassa e più nutriente del mais più comune, e per questo è più interessante da usare anche negli impasti dei dolci.

Ecco una rassegna, senza ambizioni di esaustività, di qualche dolce che varrebbe la pena non perdere di vista.

Kodinzon

Forse tra i preparati più caratteristici della gastronomia montana, il kodinzon è un conserva di mele tipica bellunese e in particolare della località San Zenon di Sospirolo. Il nome deriva dal termine dialettale kodinz, lo spicchio di mela essiccato. Viene infatti preparato con mele essiccate di antiche varietà locali, Rosette o Renette, ma anche della varietà Ferro Cesio, che hanno la polpa asciutta e dunque si essiccano rapidamente. I frutti, sbucciati, sono tagliati a pezzetti e cotti fino a ottenere una purea che viene distesa sopra una grata di metallo e posta ad asciugare in un essiccatoio. Si usava preparare il kodinzon per metterlo nelle calze dei bambini a Natale, oppure per decorare altri dolci. Oggi un po’ di strada per la sua conservazione si è già fatta, tanto che viene considerato un prodotto agroalimentare tradizionale, che ha ottenuto il riconoscimento come parte della Strada dei Formaggi e dei Sapori delle Dolomiti Bellunesi.

Il kodinzon (foto Regione Veneto)

Pan de Belun

Il “Pan de Belù” o “Pan de Belun” è forse il dolce tradizionale della provincia di Belluno, in particolare delle valli dolomitiche. Questo dolce ha radici antiche e si distingue per l’uso di ingredienti tipici della zona, tra cui appunto il mais sponcio, ma anche le nocciole, le noci, i semi di papavero e il cioccolato fondente, ingredienti “nobili” riservati alle ricette delle grandi occasioni. Sebbene le origini precise del Pan de Belun siano difficili da rintracciare, il dolce si distingue per il suo legame con la tradizione familiare, una di quelle ricette tramandate di generazione in generazione.

Sassi del Piave

Amatissimi ancora oggi, sono piccoli biscotti che devono il loro nome alla somiglianza formale con i ciottoli del fiume Piave; e anche questi sono preparati con noci, fichi, uvetta e prugne, che erano raccolti e conservati durante l’anno per essere utilizzati nelle festività. Nascono come un dolce semplice, preparato nelle case delle famiglie locali, utilizzando alimenti a lunga conservazione, e questo li rende ideali per i mesi invernali. In passato, erano spesso realizzati come premio per i bambini che si comportavano bene, e ovviamente il momento migliore per regalarli loro era il Natale.

I Sassi del Piave (foto Corte dei Fornai)

Pinzot

Dei biscottini molto semplici, di cui purtroppo oggi rimangono tracce limitate, preparati con farina bianca, acqua e sale che venivano impastati dalle nonne durante il periodo natalizio e serviti ai bambini il primo dell’anno; avevano la forma di omini, e spesso erano decorati con i chiodi di garofano, e, nelle famiglie più benestanti, l’impasto era arricchito anche di zucchero e lievito. Bisogna considerare che la farina bianca era un ingrediente molto prezioso, che scarseggiava nelle cucine e che era riservato alle preparazioni delle occasioni più importanti.

Michetta

La michetta è un biscotto di fattura un po’ più moderna, realizzata con farina, zucchero, burro e lievito, con aggiunta di frutta secca come nocciole o mandorle, che le conferiscono un sapore ricco e una consistenza rustica. La sua forma è tradizionalmente rotonda o a mezza luna, decorata con zucchero a velo o glassa. Secondo la tradizione, la michetta era preparata durante i periodi di festa, come il Natale, ma anche durante le celebrazioni legate ai cicli stagionali o ai battesimi e matrimoni, quando veniva offerta come segno di benedizione e prosperità.

Rossella Neri

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