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lunedì 24 Febbraio 2025,

La Provincia aspetta diversi milioni di euro dall’aumento dei canoni idrici

Ma sui provvedimenti della Regione pende l'impugnazione di Enel e altri enti. La stima delle risorse non versate si aggira sui 18 milioni di euro.

La Provincia di Belluno attende le risorse derivanti dall’aumento dei canoni idrici, una misura adottata a livello regionale che, se attuata, permetterebbe di rafforzare gli interventi di difesa del suolo e di incrementare i finanziamenti destinati alle Unioni Montane (Um). Il presidente Roberto Padrin indica la necessità di pazientare da parte di tutte le parti coinvolte: «Quando arriveranno le risorse promesse, potremo raddoppiare gli stanziamenti alle Unioni Montane e strutturare in maniera molto più forte gli interventi di difesa del suolo. Ai sindaci e ai presidenti delle Um chiediamo di avere la stessa pazienza che sta avendo la Provincia».

Nei giorni scorsi, la Provincia ha già stanziato 2 milioni di euro a favore delle Um, impegnandosi ad aumentare il contributo nel caso in cui arrivino ulteriori fondi. Le risorse attese derivano dall’aumento dei canoni idrici, che spettano alla Provincia di Belluno e sono suddivisi in due componenti principali: una quota fissa e una variabile. La quota fissa, stabilita in 40 euro per chilowatt prodotto già per il 2023 (rispetto ai precedenti 30,28 euro), non è stata ancora integralmente versata, con Enel che ha continuato a pagare secondo la vecchia tariffa. Gli uffici provinciali stimano che le somme mancanti ammontino a circa 3,5 milioni di euro per il 2023 e almeno altrettanti per il 2024.

La parte variabile, invece, cresce dal 5% al 6% del fatturato dei grandi concessionari per il 2024, secondo quanto deciso dalla Seconda Commissione regionale. Tuttavia, Enel ha impugnato i provvedimenti regionali e non ha mai versato quanto dovuto, ritenendo inapplicabili le normative del Veneto. I ricorsi della Regione, appoggiati dalla Provincia, sono ancora in corso.

C’è poi la questione degli extracanoni idrici: secondo la legge regionale 27/2020, i grandi concessionari devono cedere gratuitamente ai territori una quota di energia (220 kwh per ogni chilowatt di potenza nominale media di concessione). La Regione ha stabilito di monetizzare questa quota per destinare le risorse principalmente al sociale. Anche questo provvedimento è stato impugnato, e la stima delle risorse non versate si aggira intorno ai 18 milioni di euro.

Il consigliere provinciale delegato al demanio idrico, Massimo Bortoluzzi, ha ribadito l’urgenza di sbloccare almeno una parte dei fondi: «Ci rendiamo conto di quanto importanti sarebbero almeno i primi 7 milioni che avanziamo dall’adeguamento dei canoni: una parte verrebbe girata immediatamente alle Unioni Montane, come promesso, e una parte servirebbe a rendere più energico l’intervento sulla difesa del suolo, viste le numerose situazioni da affrontare. Purtroppo, la pazienza da sola non basta a fare le opere».

Bortoluzzi ha voluto anche ringraziare la Regione Veneto e l’assessore Bottacin per l’impegno, non senza una stoccata: «Siamo pronti a esprimere il nostro ringraziamento ogni giorno, se necessario, ma ci auguriamo che il 2025 sia davvero l’anno in cui queste risorse possano essere sbloccate». Ha concluso sottolineando che, finora, solo piccoli produttori di altre province hanno versato quanto dovuto, mentre nel Bellunese le risorse non sono ancora arrivate.

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