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martedì 7 Gennaio 2025,

Il pom prussian, la mela che ha ridato vita al borgo di Faller

La seconda puntata della rubrica «L’Amico a tavola» a cura di Rossella Neri (foto @Andreapacey)

Dopo la prima puntata, dedicata ai dolci natalizi della tradizione bellunese, ecco la seconda uscita della nuova rubrica «L’Amico a tavola» che troverete sul sito dell’Amico del Popolo ogni due settimane. Tratta di cucina, prodotti tipici, piatti e tradizioni alimentari del nostro territorio bellunese raccontati dalla penna di Rossella Neri che in questa puntata ci conduce alla scoperta della mela prussiana e ci racconta l’importanza che questo frutto ha avuto per il borgo feltrino di Faller.

Il cibo vero deve essere casa; è una cosa che a volte dimentichiamo. Nel piccolo borgo di Faller, comune di Sovramonte, 140 anime per l’anagrafe, un centinaio effettive, c’è una mela antica su cui si è costruita una comunità.

La mela prussiana o pom prussian è un frutto che oggi si può definire spontaneo, ma che arriva dalla antica Prussia, e più precisamente da un territorio compreso tra l’attuale Polonia e la Lituania. I suoi semi hanno viaggiato nelle tasche dei minatori veneti emigranti, che dopo anni di lavoro in Prussia sono rientrati a casa all’inizio del XIX secolo e hanno dato vita ai primi meleti. Con il tempo il territorio di Faller si è popolato di questi alberi, alcuni sono ancora quelli originari e oggi hanno più di 100 anni. Ogni due anni si ricoprono di mele, alcune di pezzatura molto più grande delle mele a cui siamo soliti pensare.

Una ventina di anni fa, il proprietario dell’unica azienda agricola del territorio, Giovanni Moretton, classe 1950, ha un’intuizione: si ricorda che quando era uno scolaro, il medico del paese aveva notato come i bimbi si ammalassero meno l’anno in cui gli alberi fruttificavano. Così fa analizzare una mela e scopre che queste mele hanno valori di vitamina C molto più alti delle varietà più conosciute, rendendole di fatto un antiinfiammatorio naturale. Da qui e da lui inizia la storia della comunità del pom prussian che si è raccolta intorno al consorzio, voluto e diretto da Moretton, dal 2006 al 2023. Da due anni a questa parte il consorzio ha un nuovo presidente, il giovane Alberto Moretton (n.d.r.: niente nepotismi, nella comunità di Faller le famiglie si spartiscono al massimo tre cognomi, pur non essendo imparentate tra loro).

L’idea vincente del consorzio è stata quella di creare La Fiera del Pom Prussian, che si tiene ogni quarta domenica di ottobre a Faller ed è nata inizialmente come un’occasione per vendere il surplus delle mele prussiane. Negli anni, la fiera è cresciuta, attirando fino a 10.000 visitatori, con circa 70-80 espositori. Resta però fedele alle sue origini: sono ammessi solo produttori locali, con cibi tipici del territorio montano come formaggi, salumi, miele, e artigianato locale, spesso realizzato da hobbisti. I visitatori trovano anche dimostrazioni di mestieri antichi, come la lavorazione della lana o passeggiate guidate nei boschi per scoprire i segreti degli alberi.

Con il passare degli anni la mela prussiana è diventata un’icona locale, con un disciplinare di produzione che vieta l’uso di concimi e pesticidi. Inoltre, la riproduzione degli alberi avviene su un porta innesto selvatico, cioè su una pianta che sviluppa radici profonde che garantiscano un’autosufficienza idrica durante i periodi di siccità e una più ricca composizione delle sostanze presenti nella mela, raccolte in profondità nel terreno. Per sapere quanto questa pratica sia straordinaria, basti pensare al fatto che gli innesti, nella quasi totalità dei frutteti, vengono fatti su piante selezionate per non avere un grande sviluppo radicale, il che garantisce una produzione più veloce e abbondante, a discapito della qualità della mela e della regolazione idrica della pianta, con conseguente consumo d’acqua per la necessaria irrigazione.

La fila di meleti (foto dal profilo Instagram di Andrea Pacey)

Nella sua azienda agricola, Moretton con le mele realizza circa 50 prodotti trasformati, tra cui: grappa, aceto, aceto balsamico, una mostarda ricercatissima durante il periodo delle feste e pure una conserva di fagioli di Lamon con l’aceto di mele. Grazie a questo piccolo laboratorio di trasformazione, le mele prussiane non solo supportano l’economia locale, ma attraggono turismo in un territorio che negli anni Sessanta era una meta ambita e che poi era caduto nel dimenticatoio.

Non a caso Faller è anche sede di uno dei primi alberghi diffusi del Veneto, nato nel 2009-2010 attorno alla cultura della mela prussiana. Sette case ristrutturate in vari punti del paese accolgono i visitatori, mentre la reception si trova all’Hosteria Pom Prussian, che è anche l’unico ristorante dell’intero borgo.

Una storia di successo, e un’alternativa più naturale e spontanea alla produzione di larga scala di mele che avviene soprattutto in Trentino e in Alto Adige, che insieme coprono il 60% della produzione nazionale di questo frutto. Nel 2023, per esempio, la produzione complessiva di mele in Trentino è stata di circa 490.000 tonnellate, in Alto Adige a 1 milione di tonnellate (secondo i dati Cooperazione Trentina).

La coltivazione intensiva in questi territori, soprattutto negli ultimi anni, mira a minimizzare l’uso di prodotti chimici grazie all’integrazione di metodi di lotta biologica e tecniche avanzate, supportate dalla ricerca scientifica, come il sequenziamento del genoma del melo. La coltivazione spontanea del melo prussiano invece prevede che gli alberi siano sostanzialmente lasciati a se stessi, intervenendo su di loro solo per una leggera potatura e per raccogliere le mele. C’è qualcuno a cui tutto questo sembrerà retrogrado, ma è innegabile che rappresenti una via alternativa, di rispetto del Creato, che in questo caso è il punto di partenza per il lavoro e l’indotto, e non solo una variabile dell’equazione.

Rossella Neri

«Filologa per formazione, mangiona per passione. Da quasi vent’anni scrivo di cibo, locali e ristoranti per il magazine 2night.it e per dissapore.com Faccio parte della generazione dei gastronomi della crisi: da quando il ristorante gourmet non è più alla portata delle redazioni, mi sono specializzata in lievitati, grandi e piccoli, pizze e gelati. Le storie mi piacciono tutte, se parlano di sostenibilità ancora di più».

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