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mercoledì 29 Gennaio 2025,

Quel piccolo segno che desta la memoria

L'editoriale scritto sull'Amico del Popolo da Paolo Navarro Dina, giornalista e vicepresidente della Comunità ebraica di Venezia, in occasione del giorno della Memoria

Prendete nota di questo nome: Dina Dora Hasenlauf. E questa data: 22 febbraio 1944. Era un bimba di due anni tedesca, che insieme alla sua famiglia, il destino aveva portato allora a Quero (oggi Comune di Setteville). Qui la bambina viveva insieme alla sorella Ruth e probabilmente insieme ai genitori Israel Hasenlauf e Sophie Kirschbaum, entrambi originari di Lipsia così come Ruth. Dina Dora, invece, era “bellunese”, nata a Quero, accolta (o nascosta), scegliete voi, in paese, erede di una famiglia in fuga dagli orrori nazisti dal Paese d’origine, e che tra le montagne del Basso Feltrino cercava rifugio e lottava per la sopravvivenza e la salvezza.

Così, non è stato. Dora venne acciuffata dai nazifascisti il 31 gennaio del 1944; sua sorella di undici anni, poco dopo, il 14 febbraio, sempre a Quero, mentre i genitori vennero catturati contemporaneamente a Forno di Zoldo. Chissà perché si erano divisi? Un estremo tentativo di nascondersi salvando le figlie a Quero? Non lo sapremo mai. La famiglia venne così ricomposta nel carcere di Belluno, poi subì la sorte di tanti altri. Prima il trasferimento al campo di concentramento di Fossoli in Emilia Romagna, dove venivano rinchiusi tutti gli ebrei rastrellati nel resto d’Italia, poi il convoglio verso Auschwitz. Qui l’intera famiglia finì nei forni crematori praticamente subito dopo l’arrivo. Dina Dora è solo una delle tante vittime della Shoah per la provincia di Belluno. Insieme a lei c’è una quarantina di persone, tutte scappate da altri luoghi (Germania, Austria, Ungheria, Jugoslavia) che, probabilmente, pensavano che tra le Dolomiti fosse più facile nascondersi. Ma evidentemente non fu così: tutti arrestati perché individuati come ebrei, forse per delazione o addirittura venduti per cinquemila lire ai loro persecutori. Una vicenda di chiaroscuri che tocca corde sensibili.

In questi giorni in occasione delle manifestazioni del Giorno della Memoria, il Comune di Setteville poserà una Pietra d’Inciampo in onore di Dina Dora, la prima in provincia di Belluno. Un atto particolarmente simbolico che rievocherà la memoria della bambina, e indirettamente anche quella del resto della famiglia. Le Pietre di Inciampo, create dall’artista tedesco Gunther Denmig nel 1992, sono ormai oltre centomila in tutta Europa e rappresentano un segno tangibile dell’omaggio alla Shoah nel Vecchio Continente. Una Pietra, che fa inciampare, che per leggere bisogna chinarsi nel rispetto di chi non è mai tornato dai lager nazisti, e che serve a ricordare l’ultima residenza nota di quella persona.
Occorrerebbe che anche la provincia di Belluno entrasse in questo “sistema virtuoso”, in modo che anche se gli ebrei catturati tra il 1943 e il 1945, provenivano da più parti d’Europa, potessero essere ricordati e “tornare alla memoria collettiva” nei luoghi nei quali sono stati presi. E sono tanti i paesi in cui ciò è avvenuto: soprattutto Mel, Cortina, Belluno, Quero. Sarebbe una sfida che enti locali (così come ha fatto Setteville), istituzioni, associazioni, istituti storici dovrebbero avviare di questi tempi dove intolleranza, razzismo, diseguaglianze, antisemitismo riemergono con tutta la loro pericolosa e raggelante forza. Recuperare così, come si fa in tante città italiane ed europee, un “percorso della memoria” che vuole essere non solo un itinerario storico per rievocare ciò che è stato anche sotto casa nostra, ma un luogo di riflessione collettiva per combattere il Male in tutte le sue forme.

Paolo Navarro Dina

giornalista e vicepresidente della Comunità ebraica di Venezia

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