Iniziò con le “Feste della Vita”. Furono la risposta al bisogno di rispondere in modo positivo a quanto stava succedendo attorno a noi. Dal 1973 al 1978, una dopo l’altra, le legislazioni dei vari Stati accolsero la legalizzazione dell’aborto, mentre all’orizzonte si intravedeva l’eutanasia. In Italia erano gli anni del terrorismo che disprezzava la vita. La guerra si era come allontanata, apparendoci in tutta la sua mostruosità ben descritta dall’ancora recente Concilio Vaticano II. L’obiezione di coscienza era stata accolta e si stava diffondendo l’idea che il rispetto della vita giustificasse anche la disobbedienza alla legge civile. Ma nel fondo restavamo preoccupati e alquanto disorientati.
Posso parlare da testimone di come abbiamo vissuto la “Festa della Vita” a Belluno a metà degli anni ‘70. Fu proprio una festa collocata nel mese di maggio; lo spazio più grande fu dato alle testimonianze, mentre il canto trasmetteva il messaggio affidato alla fine a pregevoli stampe con riproduzione di tre maternità dipinte per l’occasione dall’artista agordino Dante Moro. La nostra risposta fu dunque il «grazie» per la vita, accolta come un dono da proteggere, custodire e soprattutto amare in ogni persona. Eravamo convinti che solo sul terreno della gratitudine poteva nascere l’impegno che sarebbe stato esigente dovendo andare controcorrente.
Quando i Vescovi Italiani nel 1978 estesero a tutte le comunità la celebrazione della “Giornata per la vita”, collocandola nella prima domenica di febbraio, abbiamo fatto confluire nel programma comune le nostre esperienze, sentendo tuttavia di dover rimanere fedeli all’ispirazione originaria: la Giornata doveva essere una “festa” alla quale il “grazie” avrebbe dato il tono. Ben presto alla testa del cammino che dura ormai da cinquant’anni abbiamo trovato i vari Papi che si sono succeduti. Giovanni Paolo II è stato un combattente per la vita che non ha mai avuto paura. Negli ultimi anni avrebbe poi testimoniato nella malattia e nella debolezza il valore della vita. Benedetto XVI fu il grande maestro capace di mostrare i fondamenti dei doveri verso la vita, lucidissimo nel denunciare la decadenza del mondo occidentale che rinunciava a difendere il bene primario della vita.
Oggi camminiamo con papa Francesco, il pastore che si esprime senza giri di parole quando chiama le cose con il proprio nome e nello stesso tempo chiede a tutti i credenti la compassione. Lui ne dà esempio convincente. «Hai pianto per i profughi naufragati nel Mediterraneo? Sei capace di piangere?». Sono domande scomode spesso ripetute da Francesco; fanno male, ma non permettono di fuggire, pena la perdita di umanità. E oggi come vivrò la Giornata per la vita 2025? Nel programma c’è la chiamata a generare speranza. E come si fa? Non si può cedere alla stanchezza, neppure a quella spontanea e molto cattiva che nasce nel panorama di questo tempo. Conoscere e diffondere il tanto bene che c’è è un ottimo rimedio contro le difficoltà e lo scoraggiamento. E poi il criterio: «In quelli che celebrano la Giornata per la vita c’è un po’ di gioia in più? In quello che facciamo e diciamo facciamo crescere la gioia?».
Luigi Del Favero
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1 commento
Giuseppe
Oltre a questa, quando ritorneranno stabilmente su L’Amico le belle riflessioni di quest’uomo?