«Chiamiamo la montagna con il suo nome. Non edulcoriamo il concetto dentro ad altre definizioni, come “aree interne”». Con queste parole, la professoressa Anna Giorgi ha voluto sottolineare l’importanza di riconoscere la specificità delle terre alte. La responsabile scientifica del “Libro bianco sulla montagna” ha presentato il volume ad Agrimont, l’evento ospitato da Longarone Fiere Dolomiti, illustrando il lavoro realizzato dall’Università degli Studi di Milano – Unimont, in collaborazione con il Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio.
Il “Libro bianco” parte da un dato di fatto: una parte consistente del territorio italiano è montano. Lo studio analizza queste aree per le risorse che offrono, come acqua, ambiente ecologico e foreste, e mette in luce le difficoltà che affrontano. «Le montagne sono aree ricche – il 46% dei Comuni montani italiani produce Dop e Igp –, ma indebolite dalle scelte di governo, dato che i centri di potere si trovano in pianura e nelle grandi città», ha spiegato Giorgi.
Uno dei fenomeni più preoccupanti evidenziati dal rapporto è lo spopolamento. Negli ultimi dieci anni, i Comuni montani hanno perso il 5% della popolazione, mentre nei Comuni non montani il calo si è fermato all’1,3%. L’indice di vecchiaia nei territori montani è del 215,6, superiore al 184 registrato nelle aree non montane. Fa eccezione il Trentino-Alto Adige, dove la popolazione è in crescita.
Secondo Giorgi, la chiave del successo del Trentino-Alto Adige sta nell’adozione di “strumenti sartoriali” per il governo della montagna. «Oggi sono necessarie politiche regionali o addirittura iperlocali che consentano alla montagna di esprimersi. Non è una questione di risorse, perché le terre alte non hanno bisogno di assistenzialismo».
L’agricoltura può avere un ruolo centrale nel contrastare l’abbandono del territorio, a condizione che si punti su aggregazione, diversificazione, tecnologia, innovazione e formazione. Tuttavia, per rendere competitiva l’agricoltura in montagna, servono politiche economiche adeguate. «Bisogna pagare quella quota in più che serve – ha concluso Giorgi –. I supporti vanno dati non sulla base della superficie, ma su quanto è necessario alla montagna, dove l’agricoltura è diversa dalla pianura».
Ancora una volta, quindi, l’approccio personalizzato alle politiche per la montagna si rivela essenziale per garantirne la vitalità e lo sviluppo sostenibile.
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