Domande impegnative e complesse quelle che hanno animato, nel pomeriggio di sabato 15 marzo, in sala Bianchi, l’intenso dialogo all’incontro «Testimoni di speranza nell’educazione», tra il coordinatore didattico dell’Istituto Canossiano di Feltre Stefano Serafin e il giovane insegnante Bernardo Cedone del liceo Don Gnocchi di Carate Brianza. La serata era promossa dalle parrocchie del Centro cittadino, terza occasione nell’anno giubilare per una riflessione che coinvolge la cittadinanza.
Già dall’introduzione del moderatore don Alex Vascellari risulta evidente che l’educazione è un cammino che innanzitutto interpella e coinvolge ciascun adulto, chiamato a interrogarsi sui propri criteri e sulle proprie scelte.
Educare infatti significa fornire gli strumenti per comprendere il mondo, allenarsi ad assecondare la ragione nei suoi «Perché?», senza fermarsi alla superficie dei fatti, perché c’è un oltre da esplorare, trovare un principio ordinatore, per giungere a giudicare tutto, dalla propria esperienza ai fatti che accadono.
La stessa lezione, ricorda Serafin citando il grande pensatore Pavel Florenskij, deve essere una passeggiata dove, oltre alla direzione generale, risulta importante il percorso stesso, con tutti gli imprevisti e le sorprese.
Secondo Cedone, è fondamentale che il giovane venga sfidato dalle nostre domande, interpellato sul senso di quello che vive affinché possa sottrarsi alla logica del “così fan tutti” e maturi una riflessione personale e critica. Inoltre, proprio alla luce dell’amicizia vissuta con alcuni suoi professori, e che continua tuttora , egli sottolinea anche la necessità che l’adulto sia capace di una proposta concreta, disponibile a coinvolgersi con i ragazzi in un’esperienza viva e attraente.
Solo attraverso il fascino di una testimonianza può diventare allora comprensibile come certe regole, certi limiti non sono contrari alla libertà ma, come i confini di un campo da calcio, permettono di giocare meglio e di divertirsi di più.
Anche la speranza, perché possa essere vissuta, si deve vedere! Perciò è basilare che il giovane trovi un ambiente positivo e stimolante, che sappia mostrare come le fragilità siano opportunità da far germogliare e che la paura si può gestire.
Allo sguardo dell’adulto è assegnato il compito di cercare e valorizzare i talenti nascosti che ogni ragazzo possiede.
Per entrambi, la sfida educativa non può essere affrontata da soli, bisogna costituire comunità educative, dove famiglia, scuola, istituzioni collaborino insieme e si aiutino così a realizzare la passione per il bene dei ragazzi. Che è anche passione per la nostra vita.
Pinuccia Da Corte
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