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giovedì 20 Marzo 2025,

Un fiore viola per dire «ti amo» l’ultima volta

Il gesto di una moglie che ha voluto lasciare al «so om an segno picenin, come che lu al fea co ela»

Poco più di una ventina di anni fa, una coppia di anziani stava provvedendo all’approvvigionamento di legna per l’inverno, tagliando e recuperando alcune piante in un bosco molto ripido in zona Col de Salta, località dell’attuale comune di Borgo Valbelluna. I due, invero molto in là con gli anni, erano impegnati nel taglio di alcuni alberi di piccole e medie dimensioni presenti nel crinale sottostante una strada di intromissione boschiva che serviva l’intera area boscata. Qualche rovere, svariati carpini neri ed alcune acacie erano le essenze che, una volta secche, avrebbero portato calore nell’abitazione della coppia. Il marito tagliava con pazienza le piante e poi le sezionava per facilitarne il successivo trasporto che, non senza poca fatica, veniva effettuato per le sezioni più modeste dalla moglie, che le trascinava sino dove poteva. L’uomo, ogni tanto saliva dal pendio sbuffando per la fatica, portando sul piano le taglie più grosse e pesanti in direzione delle altre che, man mano, venivano accatastate. Così, con una merenda frugale a base di pane fresco, ricotta e salame, consumata con sobrietà all’ombra di un paio di betulle, si era conclusa la mattinata. Poi, dopo un sorso di caffè freddo, bevuto direttamente da una bella bottiglietta smaltata, il lavoro era ripreso con la stessa intensità di prima.

Ma l’uomo, forse per gli sforzi impropri per l’età, prodotti senza risparmiarsi, aveva accusato poco dopo la pausa pranzo, un forte malore al petto. Si era accasciato a terra tenendosi a dei ciuffi d’erba e, dopo qualche istante, a causa del terreno particolarmente impervio, era rotolato a valle per alcune decine di metri. Il poveretto, dopo essere scivolato lungo alcune balze rocciose, era andato alla fine ad incunearsi in un canalino roccioso, percorso sul fondo da un torrentello.

Eravamo stati immediatamente allertati come Stazione del Soccorso Alpino di Belluno per competenza territoriale e per garantire il necessario supporto all’elisoccorso che non riusciva ad intervenire direttamente sul target, proprio a causa della conformazione del terreno e della zona particolarmente boscata. Il medico era stato, infatti, calato in prima battuta dal nostro tecnico e, successivamente, coadiuvato nelle varie operazioni rianimatorie anche dalla nostra squadra giunta nel frattempo sul posto. Nonostante le manovre messe in atto in modo oltremodo professionale e protrattesi per un lungo periodo, non si era riusciti a salvare quel povero boscaiolo. L’infarto era stato purtroppo fulminante e, pertanto, non si era potuto che constarne il decesso e richiedere al magistrato di turno l’autorizzazione per la rimozione della salma. Il recupero dell’anziano era stato effettuato con una serie di manovre tecniche in realtà non particolarmente complesse, ma piuttosto laboriose che avevano permesso di traslarlo in poco più di mezz’ora sino alla mulattiera, dove si trovava ancora la falciatrice e il piccolo carretto ad essa collegato per il trasporto della legna tagliata di fresco.

La moglie, che sino ad allora era stata in compagna di alcuni parenti sopraggiunti sul luogo dell’evento, una volta intraviste le ultime dinamiche del recupero, ci venne immediatamente incontro richiamando la nostra attenzione con un rapido gesticolare delle braccia. Ci intimò, con una nostra certa sorpresa, di fermarci immediatamente proprio là ove eravamo e di depositare la barella a terra: voleva aprire a tutti i costi il sacco salma e non ci fu verso di fermarla a causa della determinazione con la quale voleva raggiungere il suo proposito. Ci disse che voleva lasciare a “so om, come che lu al fea co ela, an segno picenin” (nda: non ricordo bene se avesse detto “un segno” o “un presente a ricordo”).

Nessuno di noi comprese inizialmente quelle parole e non potemmo che esaudire il suo desiderio, liberando il corpo dalle cinghie che lo tenevano vincolato nella barella ed aprendo infine il sacco dove era stato riposto l’anziano. La donna si portò allora a pochi metri dalla scarpata, sulla verticale esatta del punto preciso in cui era avvenuto quel tragico evento. Si inginocchiò e colse tra le foglie secche dei fiori viola, presenti in un buon numero a causa del terreno umido. Dopo alcuni istanti era già di ritorno, si era nuovamente inginocchiata ed aveva iniziato a comporre le mani del marito, unendole tra loro sul petto. Poi, con calma, aveva infilato quei fiori sgargianti appena colti tra le sue dita che, via via andava ad intrecciare non senza prima averle accarezzate ad una ad una. Dopo qualche attimo di raccoglimento, lo baciò sulla fronte e gli disse “ades te posse assar andar.”

Noi volontari, ancora con l’imbragatura addosso, durante tutte quelle fasi avevamo avvertito un nodo in gola serrato più delle corde che avevamo utilizzato. Dopo quanto avevamo appena visto, ci eravamo quasi tutti girati a guardare qualcosa di immaginario nel bosco, incapaci di fronteggiare le nostre stesse emozioni: ognuno di noi stava rigandosi le guance di lacrime calde e aveva gli occhi gonfi al cospetto di tanta umana pietà e della straordinaria dolcezza con la quale una donna, che aveva appena perso il suo compagno di una vita, aveva voluto porgergli l’ultimo, delicato saluto.

4 commenti

  • La morte è un mistero, come un mistero è l’amore. Che è fatto anche di questi piccoli gesti, che nascono calmi e spontanei quando i due misteri si incontrano e si fondono. C’è una forza dentro che non si può misurare, e poi ti chiedi da dove è venuta, anche se in cuor tuo sai già la risposta.

  • Emozione più forte di ogni parola

  • Gentile Fabio.
    Ho sentito qualche mese fa questa storia. Grazie per averla pubblicata su l’amico del popolo.
    Conosco la Signora moglie del povero malcapitato. Si chiama Fosca Isma cugina di mio papà. Ha una forte stoffa. Lei conosce ogni cosa della famiglia Isma e della sua discendenza. È un pozzo di sapienza e di storie. Abita ancora da sola a Villa di Villa. È molto toccante la storia che hai pubblicato come lo sono i fatti accaduti.
    Complimenti

  • L’amore non ha limiti, non è la morte che lo ferma ma l’odio è la cattiveria di tanti. In ogni caso non smettere mai di darlo e di riceverlo in qualsiasi forma si presenti. Questa storia è la certezza che di amore si vive e si muore ma sarà sempre eterno

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