Non molto tempo fa, gli specialisti della Società italiana di cardiologia avevano lanciato l’allarme: la seconda ondata del Coronavirus blocca la cardiologia e tiene ‘’sotto scacco ‘’il cuore degli italiani. Già: perché la paura del contagio, la scorsa primavera, ha dimezzato i ricoveri per infarto e triplicato la mortalità. «La sospensione delle prestazioni non urgenti sicuramente ha introdotto fattori di rischio in più per la popolazione associati alla mancata diagnosi di nuove patologie cardiovascolari nei pazienti non-Covid», conferma Aldo Bonso, direttore del reparto di Cardiologia – Unità Coronarica dell’Ospedale Santa Maria del Prato di Feltre. «La paura del Covid-19 ha sicuramente limitato gli accessi in ospedale durante la prima ondata pandemica, ma al momento sembra influisca di meno. Per fortuna sono arrivati i vaccini».
Un’ulteriore dimostrazione che la questione Covid interessa tutti. Perché, se i posti letto si riempiono di persone colpite dal virus, anche i reparti non Covid vengono riconvertiti a Sars-CoV-2. Con le inevitabili ripercussioni per tutti coloro che soffrono di altre patologie.
Dottor Bonso, l’emergenza pandemica ha influito anche sull’attività ordinaria degli ospedali (si veda la sospensione delle prestazioni non urgenti). Come è stato riorganizzato il suo reparto? Ha dovuto “cedere” posti letto e personale per la gestione dell’emergenza Covid?
«La seconda ondata di epidemia virale Covid 19 ha coinvolto in modo importante le strutture sanitarie dell’Ulss 1. L’Ospedale di Feltre ha dovuto riorganizzarsi rapidamente “come un fortino” su varie linee di intervento che progressivamente hanno coinvolto tutte le Unità operative dell’ospedale, in primis il Pronto Soccorso, la Pneumologia e la Rianimazione e a seguire tutte le altre, compresa la Cardiologia.
Quest’ultima, come è noto, lavora su vari livelli, che vanno dal trattamento dell’emergenza-urgenza nella Terapia intensiva alla diagnosi e al trattamento di pazienti ricoverati, al trattamento interventistico di pazienti programmati. Inoltre, il servizio di Cardiologia intrattiene un costante e stretto rapporto con il territorio per rispondere alle richieste della medicina di base, per seguire in follow-up i pazienti più critici e per effettuare la riabilitazione cardiologica. Non ultimo va sottolineato che complessivamente la UO costituisce il nucleo portante su cui si basano le specialistiche ospedaliere, dalla Chirurgia alla Rianimazione, agli altri reparti medici. Tutta questa attività viene comunque garantita anche in tempi di Covid. L’Unità Operativa di Cardiologia che io dirigo partecipa sia con personale medico che infermieristico a supporto delle aree cosiddette in prima linea; in particolare i medici con turni di doppia guardia attiva contribuiscono alla gestione di pazienti ricoverati nelle aree Covid a media e alta intensità. Inoltre posti letto della nostra terapia intensiva coronarica sono stati dedicati al ricovero e alla gestione di pazienti neurologici gravi. Un cardiologo reperibile è a disposizione per i consulti su pazienti Covid 19 e con comorbidità associate cardiovascolari».
Nel suo lavoro ha riscontrato implicazioni cardiologiche del Coronavirus? C’è un binomio tra cuore e polmone nelle patologie croniche?
«Questa malattia infettiva colpisce prevalentemente l’apparato respiratorio con una polmonite che comporta grave difficoltà nella ossigenazione del sangue. Tutti gli organi ne soffrono, compreso il cuore. Proprio i pazienti cardiopatici, i più anziani e con più comorbidità sono quelli con prognosi peggiore e devono essere trattati intensivamente. In letteratura, anche se più raramente, sono anche descritti coinvolgimenti diretti del cuore con miocarditi e infarti».
La paura del contagio ha avuto ripercussioni sui ricoveri? In parole povere, c’è il rischio che persone con patologie cardiovascolari non si rivolgano all’ospedale proprio per paura?
«La sospensione delle prestazioni non urgenti sicuramente ha introdotto fattori di rischio in più per la popolazione associati alla mancata diagnosi di nuove patologie cardiovascolari nei pazienti non-Covid. La paura del contagio ha sicuramente limitato gli accessi in ospedale durante la prima ondata pandemic,a ma al momento sembra influisca di meno. Per fortuna sono arrivati i vaccini».
Telemedicina: che spazio e che funzione può avere per una cardiologia?
«La nostra Unità Operativa ha già in atto protocolli di tele-cardiologia per i pazienti portatori di PM (pacemaker) o defibrillatori, per i pazienti con scompenso cardiaco e quelli con cardiopatia ischemica. Con la tele-cardiologia l’opera di personale infermieristico altamente specializzato affianca in modo importante quella dello specialista. Questo tipo di modalità avrà un ruolo importante nel futuro e sarà dedicata soprattutto alla gestione dei follow-up. Tuttavia la collaborazione dei medici di base risulta fondamentale per reindirizzare i loro pazienti per una visita urgente o per un parere telefonico attraverso la linea telefonica a loro dedicata».
Martina Reolon
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