Quasi 500 visitatori, oltre la metà ragazzi di terza media e del biennio delle scuole superiori. Dopo quindici giorni di esposizione, ha chiuso ieri la mostra «Non chiamatelo raptus», allestita a Palazzo Piloni in occasione della ricorrenza del 25 novembre. La collezione di 30 tavole realizzate dall’artista Anarkikka è stata oggetto di visite guidate da parte delle scuole, oltre che di singole persone.
In particolare, sono passate otto classi provenienti dalle scuole medie Ricci di Belluno e dalle Pertini di Ponte nelle Alpi, e tre dell’istituto Brustolon. «Ragazzi dai 13-14 anni ai 16-17, che con i loro insegnanti si sono soffermati sul messaggio lanciato dalla mostra», spiega la consigliera provinciale di Parità Flavia Monego, che ha fortemente voluto allestire a Palazzo Piloni l’esposizione, quale iniziativa per le settimane a ridosso della Giornata internazionale per l’eliminazione delle violenze contro le donne. «La forte partecipazione delle scuole e in particolare dei ragazzi adolescenti è fondamentale per cominciare quel cambiamento culturale che deve essere alla base del contrasto alle violenze contro le donne. Solo partendo da una visione diversa, più consapevole della realtà, e priva di stereotipi di genere, si può costruire una società più inclusiva».
L’esposizione di Anarkikka stigmatizza con lo stile della vignetta alcuni luoghi comuni e linguaggi che tendono a minimizzare le violenze o a spostare l’attenzione dal tema. La prima vignetta esposta è stata posizionata su una sedia rossa, a richiamare l’iniziativa del “Posto occupato”, per ricordare tutte le donne vittime di femminicidio. «Quel posto l’abbiamo dedicato a Giulia Cecchettin», conclude Monego. «Con l’augurio che tutti i visitatori della mostra si facciano portatori di una nuova cultura che vede nel rispetto della persona la base fondamentale su cui costruire qualsiasi altro valore».
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