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2 L’Amico del Popolo 29 ottobre 2020 - N. 43 In provincia e nel mondo Il racconto del faggio Il gran caldo di settembre e il freddo anticipato di alcune giornate di ottobre hanno modificato il “rito” di svestizione degli alberi, accompagnato dal solito passaggio attraverso la festa dei colori. Se il caldo ha prodotto un anticipo il cambiamento, le giornate fredde, segnate da forti venti, hanno impresso un’ac- celerazione. I larici sono un buon termometro perché, pur conservando le tappe di colorazioni successive che partendo dal verde tenue arrivano al giallo oro, si presentano con un aspetto che noi definiamo am- malato: hanno corso troppo e molti aghi sono caduti in anticipo. Ma i fenomeni accennati non hanno avuto solo conseguenze negative né hanno eliminato lo spet- tacolo degli alberi autunnali. Il sole di alcune belle giornate di ottobre si è incaricato di farcelo gustare. Il ripido versante che sovrasta Auronzo tagliato dalla strada che dal passo Sant’Antonio scende nella val d’Ansiei, è una delle innumerevoli tavole della nostra terra sulle quali la natura ha stesso i colori con una fantasia che stupisce. Il giallo degli aceri è vistoso e fa come da guida a tanti altri alberi per i quali il giallo è la tonalità principale: dal nocciolo piuttosto anonimo al festoso colore di alcuni pioppi che saranno tra gli ultimi a svestirsi. Oggi si incontrano gialle betulle che a me fanno sognare le foreste della Bielorussia ammirate qualche anno fa. Non mancano macchie di vero rosso più frequenti quanto più ci si abbassa di quota. Si tratta di alcuni ciliegi e dei sempre più presenti aceri canadesi che, dopo aver riempito la bella bandiera di quel Paese, stanno adattandosi al nostro ambiente decorandolo vivacemente. Ma il re della fe- sta è senza dubbio il faggio che non teme concorrenti che gli strappino la corona. Prima di fornire un legno prezioso quando arde nelle nostre stufe, i nostri faggi popolano la larga fascia di montagna che si stende sotto il regno di larici e abeti. Con una caratteristica: il faggio ha tutti i colori. Li ho osservati attentamente scoprendo rami ancora verdi, altri gialli, altri rossicci e altri ancora con il caratteristico color mattone che conserveranno per tutto l’inverno, sia che rimanga- no sulla pianta sia che il vento li sbatta a terra. Ho cercato di indagare sulla ragione del loro portare con- temporaneamente tutte le colorazioni autunnali. Le foglie con le varie tonalità verdi stanno sui rami più protetti, quelli che abbracciano altri faggi, il giallo e il rosso salgono verso la sommità mentre il color mattone è tipico della parte dell’albero più esposto ed ho pensato che il freddo abbia un ruolo nel passaggio di tonalità. O forse bisogna riferirsi alla qualità del terreno come pure all’età della pianta che si offre a noi non come oggetto di studio ma come elemento di un grande spettacolo allestito instancabilmente ogni an- no. Ora se è vero che un singolo faggio, cresciuto in una radura e ricco di tanti colori si lascia fotografare per diventare il bel soggetto di un quadro, è pur vero che lo spettacolo autentico ha bisogno di tanti faggi messi insieme. Né è trascurabile l’apporto dell’umile nocciolo, della macchia rossa di un ciliegio e del giallo vivo di un ontano o di un pioppo montano. È un’immagine di quel Paradiso verso il quale alzeremo lo sguardo nella Festa di Tutti i Santi. Il Paradiso è bello ed è attraente proprio perché è ricco di uomini e donne di tutte le età e di tutte le condizioni. Lo sguardo che contempla può presto verificare una legge, gonfia di realismo e di speranza, formulata da papa Francesco: «Nessun San- to è senza storia e nessun peccatore è senza futuro». Proprio come i nostri alberi nel susseguirsi di tappe per arrivare alla bellezza autunnale. Ma l’importanza di essere in tanti e di stare insieme accettando e go- dendo del contributo di ognuno vale anche quaggiù ed è legge che tiene unita la Chiesa e la fa vivere. Hanno constatato e in molti stanno analizzando l’abbandono silenzioso della Chiesa da parte di tanti che non ri- nunciano ad essere credenti, ma preferiscono esserlo “a modo mio”, senza riferimento ai riti, alla dottrina, alla comunità organizzata con molteplici servizi tra i quali c’è anche quello dell’autorità. Il fenomeno sulla cui esistenza non ci sono più dubbi - semmai si discute sulle dimensioni - provoca quelli che sono rimasti. «Perché tanti per credere senza mortificare la pro- pria umanità se ne vanno da noi? Perché dicono di sentirsi soffocare? Perché ci accusano di parlare poco di Dio e troppo di noi e dell’organizzazione ecclesiale che a loro proprio non interessa?». Quelli che studiano ci dicono che l’unica risposta convincente può venire solo dalla testimonianza. La parola è sciupata e non è una novità; del resto il Vangelo stesso ce l’aveva detto togliendoci ogni illusione sull’efficacia di altri strumenti. Dovrebbe diventare visibile a quanti ci osservano che non ci è possibile vivere la fede senza la comunità e che a questo ci teniamo tanto. Andiamo molto oltre il sentimento che ci fa star bene insieme. Ho bisogno della comunità perché è la roccia alla quale aggrapparmi per credere e superare gli inevitabili tempi di dubbio. Ne ho bisogno perché è la casa dove trovo da mangiare e il pane che essa mi dà si chiama perdono e Eucaristia. È la famiglia nella quale ho appreso cosa significa essere differenti tra fratelli e sorelle e tuttavia accettarsi, volersi bene e aiutarsi. Il bel faggio isolato in mezzo ad un prato, sferzato dal vento di una giornata autunnale si spoglia in fretta; i faggi che intrecciandosi tra loro coprono un costone si difendono anche dal vento e offrono il loro colorato spettacolo ancora per molte settimane. Luigi Del Favero Operare sempre «con spi- rito di unità e di coesione», dare ai giovani «un futuro dignitoso anche in comunità più remote dove sono cresciu- ti o hanno scelto di vivere», sapendo che «contrastare marginalità e isolamenti è compito della Repubblica, nel suo insieme». È nel solco di questo incisivo messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che sabato 24 e domenica 25 ottobre si è tenuta in modalità on-line l’assemblea nazionale dell’Un- cem, l’organizzazione che dal 1952 rappresenta i Comuni e gli enti della montagna italia- na e ne esprime le sensibilità. L’assemblea - strutturata in otto sessioni che hanno con- sentito un’ampia ricognizione delle aspettative dei territori anche sul nuovo versante del “Recovery Plan” - ha porta- to alla conferma al vertice di Marco Bussone, giovane e dinamico giornalista pie- montese, che già da due anni ne teneva le redini. Conferma alla guida della delegazione veneta dell’Uncem anche per il bellunese Ennio Vigne, presidente uscente, assesso- re comunale a Santa Giustina oltre che presidente del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. La «resilienza» delle mon- tagne italiane al tempo del Coronavirus è stata il filo conduttore della parte socia- le e culturale del dibattito nel quale sono rimbalzate citazio- ni di papa Francesco, Alcide De Gasperi, San Paolo VI («La politica è la forma più alta di carità»), Igino Giordani, don Lorenzo Milani, Chiara Lu- bich tutte volte a sottolineare una parola-simbolo qual è «co- munità» (non a caso il primo nome scelto, cinquant’anni fa, per definire le aggregazioni intercomunali della monta- gna che oggi più frequente- mente si chiamano Unioni). Attraversando un po’ tut- ti i nodi pendenti sul futuro delle zone montane (dalla transizione ecologica a quella digitale, dalla manutenzione del territorio al recupero dei borghi e dei centri storici, dalla valorizzazione della fi- liera forestale a quella delle produzioni artigianali e agro- alimentari tradizionali) Bus- sone ha puntato i riflettori in particolare su quattro li- velli d’azione: il superamento dell’attuale divario digitale, la sfida dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep in si- gla) da garantire in quota in modo differenziato rispetto alle città, la priorità di una Strategia nazionale per le aree montane alpine e ap- penniniche attraverso un Pro- gramma operativo nazionale (Pon) a valere sulla program- mazione europea 2021-2027 e la sperimentazione di una «fiscalità differenziata» per le aree interne, rurali e monta- ne del Paese con l’intento di favorire «la residenzialità, la nascita di nuove imprese, il contrasto alla desertificazio- ne commerciale e all’abban- dono dei servizi». La legislazione vigente - ha auspicato Bussone - «va ade- guata al fine di garantire al- la popolazione residente nelle aree montane il godimento di servizi primari e salvaguar- dando i livelli di qualità e si- curezza, la revisione dei cri- teri per il mantenimento dei presidi ospedalieri e scolasti- ci, nonché per quelli della giu- stizia negli ambiti montani, predisponendo apposite linee di finanziamento per la qua- lificazione e il potenziamento di strutture ed operatori e il costante aggiornamento di questi ultimi». Per raggiungere i principa- li obiettivi strategici «compi- to della Repubblica, nel suo insieme», come ricorda Mat- tarella, l’Uncem si dichiara pronta a formare «una nuova classe dirigente, tecnica e po- litica». Una prospettiva su cui fare leva per districare una matassa sempre più aggro- vigliata a livello nazionale e, di riflesso, anche regionale, quando invece, come indicato dal capo dello Stato nel mes- saggio all’Uncem, è quanto mai necessaria «una leale e fattiva collaborazione tra le istituzioni della Repubblica». M.B. VENEZIA - Il nuovo Consiglio regionale. Ed. L’Amico del Popolo Srl Direzione, Redazione e Amministrazione 32100 Belluno, Piazza Piloni 11 Direttore responsabile: Carlo Arrigoni Tel. 0437 940641 Fax 0437 940661 redazione@amicodelpopolo.it WhatsApp 3802153903 Sito Internet: www.amicodelpopolo.it Abbonamento: annuale € 55,00; biennale: € 100,00; sostenitore € 75,00; benemerito € 85,00; semestrale € 35,00 digitale € 30,00 segreteria@amicodelpopolo.it Pubblicità: Piazza Piloni, 11 - Belluno Tel. 0437 940641 pubblicita@amicodelpopolo.it Tariffe: Avvisi commerciali € 20,00 a modulo; Avvisi legali € 0,90 al mm/colonna; Necrologi da € 35,00 C.c. postale 11622321 IBAN: IT29G0200811910000003779087 Iscrizione Tribunale Belluno n. 2 del 10/12/1948 e al nr. 986 R.O.C Stampa Centro Servizi Editoriali srl, Grisignano di Zocco (Vi) Sped. abb. post. 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Un primo confronto per prendere atto del programma di governo 2020-2025 illustra- to dal presidente Luca Zaia nella scia dell’ampio successo elettorale riportato alle urne (ma, su richiesta dei consiglie- ri, la gran parte dell’interven- to l’ha concentrata sull’emer- genza Covid) e per registrare orientamenti sull’agenda da sviluppare, sulle scadenze a cui fare fronte, sul clima po- litico che si respirerà. Un’as- semblea molto rinnovata nei ranghi (ben 18 donne), nella quale Zaia e il centrodestra contano 41 seggi, il centrosi- nistra 9, oltre alla rappresen- tante dei Cinque Stelle che, distinguendosi dalla coalizio- ne di Lorenzoni (Pd, Europa Verde e Veneto che vogliamo), subito ha voluto riconoscere «le buone intenzioni» che at- traversano le oltre 160 pagine del progetto Zaia. Il documento si snoda attor- no a sette aggettivi che, spie- ga il governatore, «sono anche sette sfide e sette qualità che descrivono la nostra terra»: Veneto autonomo, vincente, eccellente, attraente, soste- nibile, connesso e in salute. Intervenendo in aula, Zaia ne ha esplicitati altri due, parimenti sfidanti: struttu- rare il bilancio senza ricor- rere all’addizionale regionale aggiuntiva (Veneto, dunque, “tax free”) che consentirebbe un gettito di circa 1,2 miliardi e poi non perdere l’appunta- mento con il Piano naziona- le di ripresa e resilienza che l’Italia presenterà all’Europa per accedere ai programmi di “Next Generation Eu” («Ab- biamo pronto un “Recovery Plan” da 30 miliardi, anche se la partita a Roma sembra giocarsi fra i ministeri…» è stato il suo annuncio). I consiglieri di minoran- za hanno criticato, senza mezzi termini, il documento programmatico, definendolo «insufficiente», «sfuocato», inadeguato a rispondere alle nuove esigenze dei cittadini, delle imprese, dell’ambiente e soprattutto «troppo autoce- lebrativo», mentre si segnala un lento declino dell’ex loco- motiva del Nord a favore della Lombardia e dell’Emilia. Zaia, che parlava a brac- cio, «con il cuore, ma pancia a terra» (sono parole sue), non ha gradito il «tono», quasi «da vietcong», degli esponenti del centrosinistra e ha invocato «l’orgoglio di essere veneti: la minoranza dovrebbe avere un atteggiamento più costrutti- vo e meno autolesionistico. Il mondo intero ci guarda e non mi va che si offendano i tan- tissimi cittadini che ci hanno votato». Quanto al programma di governo, ecco già abbozzato il primo bilancio dell’XI legisla- tura, il pluriennale 2021-2023 «in piena continuità con i pre- cedenti» che, spiega il nuovo assessore Francesco Calzava- ra, vede assegnare alla sani- tà 9,2 miliardi e 1,2 miliar- di per tutte le altre attività dell’Ente, ma mantiene «alta» l’attenzione verso i grandi eventi «confermando la pre- visione degli stanziamenti di spesa per la realizzazione dei Mondiali di sci 2021 e delle Olimpiadi invernali 2026: fat- tori strategici per il rilancio e lo sviluppo del Veneto, soprat- tutto in una congiuntura eco- nomica negativa qual è quella che stiamo attraversando». La duplice scelta della Re- gione, Mondiali e Olimpiadi, si legge nel programma di governo di Zaia, «va inter- pretata nell’ottica di dare alla montagna veneta la pro- spettiva concreta di un nuovo Rinascimento. I grandi eventi possono catalizzare le risorse per la crescita del territorio montano e offrire enormi op- portunità per innalzare il suo profilo internazionale come punto nodale per lo sport di base e di élite, con un eviden- te impatto sulla creazione di nuovi e più qualificati posti di lavoro nel settore turistico». Il «Rinascimento della montagna veneta», assicura Zaia, sarà «necessariamen- te» accompagnato dalla rea- lizzazione di opere pubbliche, dall’ammodernamento delle strutture ricettive e delle infrastrutture, materiali e immateriali. Il tutto calato in una «strategia mirata a ripopolare di abitanti e di tu- risti i centri montani» sogget- ti a crescente spopolamento. Il resto verrà con l’attuazione dell’autonomia differenziata, «in armonia con i territori». Maurizio Busatta uncem - Bussone confermato presidente nazionale, Vigne guida la delegazione veneta Mattarella: «futuro dignitoso» per i giovani che hanno scelto di vivere in montagna

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