L'Amico del Popolo digitale

6 L’Amico del Popolo 29 OTTOBRE 2020 - N. 43 L’Amico del Popolo Chiesa locale Tutti i Santi La PAROLA DELLA SETTIMANA «Beati i poveri...» (Mt 5,1-12) Celebriamo una festa che riguarda soprattutto noi cristiani, discepoli di Gesù Cristo, ma non solo. partecipi alla beatitudine Sia che siamo ancora viventi, sulla terra, sia che siamo passati attraverso l’esodo della morte e siamo dunque «in cielo», nel re- gno di Dio, tutti noi siamo partecipi della beatitudine, della felicità. In un salmo risuona questa domanda: «C’è un uomo che desidera la vita e vuole giorni feli- ci?». L’essere umano cerca la felicità, la vita piena e senza fine, e Gesù vuole dare una risposta a questa sete profonda presente nel cuore di ogni persona. gesù consegna le promesse di dio Gesù sa guardare a quelli che lo cercano, lo in- contrano e lo seguono, sa discernere innanzitutto la loro fatica e la loro soffe- renza ed è profondamente toccato dai mali delle per- sone. Ecco dunque davanti a noi le beatitudini di Ge- sù attestate dal vangelo se- condo Matteo, una pagina talmente conosciuta, cita- ta, commentata e predicata che rischiamo di presumere di conoscerla già e di non avere più bisogno di rico- minciare a leggerla, medi- tarla, comprenderla. Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico predicando la ve- nuta del Regno e chiaman- do alla sua sequela alcuni che sono diventati suoi. Or- mai è un rabbi, un profeta anche per molti credenti di Galilea e di Giudea, e at- torno a lui c’è una piccola folla, nella quale abbonda- no malati, oppressi, poveri, persone che soffrono e pian- gono. Non è un predicatore distaccato, che annuncia e parla guardando solo a Dio che lo ha inviato e lo ispira in ogni momento; sa anche guardare all’uditorio con- creto, a chi ha di fronte e, come sa ascoltare Dio, così sa ascoltare questa gente che si rivolge a lui con ge- miti, invocazioni, lamenti, domande senza risposta. Secondo Matteo, Gesù de- cide allora di consegnare a queste persone le promesse di Dio, che possono essere anche un programma per chi vuole seguirlo. Sale sul monte, il luogo delle rivelazioni di Dio e, quale nuovo Mosè, ultimo e defi- nitivo, dà la buona notizia, il Vangelo. non nuova legge ma legge nuova Attenzione: non dà «una nuova Legge» - definizione ambigua e sviante - ma dà una parola di Dio che ri- suona in modo nuovo e crea il regno dello Spirito santo, non più della Legge. Ecco allora il grido: «‘Ashrè», parola che in ebraico significa soprat- tutto un invito ad andare avanti, promessa che è certa e precede quanti vivono una determinata situazione, pa- rola che indica uno stile da assumere, parola che cam- bia l’ottica con la quale si guardano la vita, la realtà, gli altri. Noi traduciamo quest’e- spressione tante volte pre- sente nei Salmi e nella sapienza di Israele con «be- ati», ma purtroppo non ab- biamo un termine italiano che ne sveli adeguatamente il contenuto. «Beati» non è un aggettivo, è un invito alla felicità, alla pienezza di vita, alla consapevolez- za di una gioia che niente e nessuno può rapire né spegnere. Promessa e pro- gramma! Nessuno dunque pensi alla beatitudine come a una gioia esente da prove e sofferenze, a uno «stare bene» mondano. No, la si deve comprendere come la possibilità di sperimentare che ciò che si è e si vive ha senso, fornisce una «con- vinzione», dà una ragione per cui vale la pena vivere. E certo questa felicità la si misura alla fine del percor- so, della sequela, perché du- rante il cammino è presente, ma a volte può essere con- traddetta dalle prove, dalle sofferenze, dalla passione. beati: non aggettivo ma programma La promessa fatta solen- nemente da Gesù, parola potente di Dio, è il regno dei cieli, non un luogo, ma una relazione: essere con Dio, es- sere suoi figli, così come chi non è beato resta lontano e separato da Dio. Questo re- gno, dove Dio regna piena- mente, è la comunione dei santi del cielo e della terra, la comunione dei fratelli di Gesù, dei figli di Dio, che noi cristiani dovremmo vi- vere con consapevolezza, ma che, a causa del nostro egoi- smo, non arriviamo neppu- re a credere saldamente. Questa esperienza del re- gnare di Dio su di noi pos- siamo farla qui e ora, alla sequela di Gesù: ciò accade quando su di noi non re- gnano né idoli, né poteri di nessun tipo, quando sentia- mo che solo Dio e il Vangelo di Gesù ci determinano, ci muovono, ci tengono in pie- di. È questo il caso in cui possiamo dire, umilmen- te ma con stupore, senza pensare di avere meriti, che Dio regna in noi, su di noi, dunque il regno di Dio è venuto: sempre pe- rò in modo misterioso, da noi riconosciuto solo par- zialmente, sempre in modo fragile, che possiamo nega- re con il nostro venir meno all’amore. La comunione dei Santi che festeggiamo è gioia, festa per quanti con umiltà, senza arroganza, senza vanti, si riconoscono in queste situazioni sulle quali Gesù ha posto come sigillo la beatitudine. la lettera molti i fraintendimenti, anche da parte di credenti ed ecclesiastici Interventi sulla morale: grazie, papa Francesco La famiglia è tra uomo e donna, i diritti degli omosessuali vanno tutelati Una lettera di don Luigi Del Fave- ro sugli ultimi interventi del Papa: Mi piacerebbe poter dire tutta la mia gratitudine a papa Francesco per gli ultimi recenti interventi che toccano il campo morale. I più importanti si trovano nell’enciclica «Fratelli tutti» dove leggiamo una netta condanna di tutte le guerre e ci viene detto che non esiste ‘guerra giusta’ (che non è la le- gittima difesa) e una chiara condanna del commercio delle armi. Anche il No alla pena di morte è assoluto e senza eccezioni. La scelta di camminare sulla stra- da aperta da Giovanni Paolo II per unire tutte le religioni nel promuo- vere la pace è molto impegnativa. Egli l’ha rinnovata la settimana scorsa in Campidoglio insieme ai rappresen- tanti di tutte le religio- ni convenuti a Roma in quello che è ormai chiamato «lo spirito di Assisi» che ha stancato molti. L’atten- zione si è però accesa solo di fronte alle dichiarazioni di Francesco sulle perso- ne omosessuali. Il messaggio sempli- ficato dai mezzi di comunicazione ha stupito tanti ed ha provocato reazioni di opposizione anche nelle frettolose dichiarazioni di importanti cardinali. Si, frettolose perché non hanno ascol- tato né letto quanto veramente ha det- to il Papa. È accaduto questo: in un film presentato al recentissimo festi- val del Cinema a Roma è stata inserita una breve frase che Francesco aveva detto in una lunga intervista concessa nel maggio 2019 alla televisione mes- sicana. In essa ha parlato anche della questione omosessuale riconducendo tutto ai problemi delle persone omo- sessuali. Innanzitutto egli ha ripetuto la richiesta di rispetto e di accoglienza di questi fratelli che sono realmente tali poiché Dio li tratta e li ama come figli suoi. La richiesta non è inutile se si pensa che ci sono parecchi Stati nel mondo dove l’omosessualità in sé stes- sa è ritenuta reato ed è punita perfino con la pena di morte. Poi ha fatto due affermazioni concrete. Nella prima ha detto che anche l’omosessuale ha dirit- to alla vita di famiglia. Da quanto ave- va detto prima nell’in- tervista, è chiarissimo che si riferiva ai figli che devono poter rima- nere nella propria fa- miglia anche quando fosse manifesto il loro orientamento omoses- suale. C’era bisogno di dirlo? Sì, perché in molte parti del mon- do e specialmente in America Latina - il Pa- pa parlava in spagnolo alla tv messicana e aveva davanti il suo continente - il figlio omosessua- le viene cacciato di casa e rifiutato dai genitori, dal padre soprattutto. La cosa capitava e purtroppo capita tuttora anche da noi. In proposito don Maurizio Patriciello pochi giorni fa ha scritto su «Avvenire» una pagina che fa piangere. Francesco non ha quindi affermato che gli omosessuali hanno diritto a formarsi una famiglia, apren- do al matrimonio tra omosessuali. La cosa è lontanissima dal pensiero del Papa che in molte occasioni ha riba- dito che la vera famiglia è l’unione di un uomo e di una donna. La seconda affermazione riguarda quelle unioni civili che danno alla relazione stabi- le tra persone dello stesso sesso una tutela civile. Ha detto che il riconosci- mento di tali unioni è opportuno per tutelare i diritti di queste persone. Ha ribadito che lui, contrario all’equi- parazione tra matrimonio naturale e unione tra persone dello stesso sesso omosessuale, è però favorevole alla tu- tela giuridica realizzata dalle unioni civili. È una posizione diversa rispetto a quanto avevano detto i vescovi ita- liani ai tempi della discussione sui «Dico», proposti tra l’altro da politici dichiaratamente cattolici e a molti di noi erano sembrati una proposta op- portuna e accettabile. Entriamo nel terreno delle scelte storiche, differenti da situazione a situazione, in cui non mettiamo in discussione la dottrina, ma nel quale si deve esercitare quel discernimento che in certe occasioni porta alla scelta del cosiddetto ‘male minore’ che sarebbe meglio chiamare «il bene possibile». Ora il Papa richia- mandosi alla sua esperienza pastorale, ci aiuta a riflettere sulla rigidità con la quale era stato valutato il contesto italiano. È vero che Francesco sembra credere poco al valore pedagogico delle leggi civili sul quale i nostri vescovi contavano molto. Grazie allora al Papa perché ci libera da una certa ansia che nasce anche oggi quando si entra nel terreno della morale sessuale. Grazie perché ci insegna concretamente cosa significano rispetto e accoglienza del- le persone omosessuali. Grazie perché mostra come si esercita il discernimen- to quando ci si deve confrontare con il pluralismo della società moderna. Grazie anche per il silenzio con il quale risponde a critiche ingiustificate che quando vengono da credenti e special- mente da ecclesiastici sono inaccetta- bili. Luigi Del Favero «Non si tratta di mettere in discussione la dottrina, ma esercitare il discernimento per il bene possibile» lamon celebrazione a colvigne LAMON - La comunità di Vi- gne, Colvigne e Maschi si è riunita anche quest’anno al capitello di Colvigne per la Santa Messa in suffragio dei defunti. Il ‘‘grazie’’ da tutti a don Luciano Todesco e alla sua comunità parrocchiale di Sospirolo, Gron e Mas-Peron che «ogni anno ce lo “conce- de in prestito”». Il capitello racchiude un Cristo in croce (nella foto), ligneo, forse di scuola gardenese, a cui don Todesco èmolto devoto tanto da raffigurarlo nel “santino” della sua consacrazione. Sfogliando il Messale: i contenuti della nuova edizione Il Messale fa bella mostra di sé sia sull’altare che sul leggio posto davanti a chi presiede e guida la cele- brazione liturgica. Non so- no molti i fedeli che hanno avuto la possibilità di con- sultarlo di persona per cono- scerne i contenuti. Ma come è strutturato il Messale, e quali ne sono i contenuti nel- le diverse parti? Rito della Messa È la parte centrale del li- bro liturgico, quella più uti- lizzata. In ogni celebrazio- ne vengono scelte molte di queste pagine centrali. È la guida per lo svolgimento del rito della Messa. Le varie parti sono riassunte sotto il titolo «Rito della Messa con il popolo». Presenta le varie opzioni per le quattro parti che compongono la struttu- ra di ogni celebrazione eu- caristica. Si tratta di: riti di introduzione, liturgia della Parola, liturgia eucaristi- ca, riti di conclusione. So- no escluse da questa parte e collocate in altre pagine le orazioni proprie di ogni celebrazione. Per la Parola di Dio ci sono i diversi lezio- nari. È molto ricca invece la parte della liturgia euca- ristica. Ho utilizzato la pa- rola “opzioni” per indicare i contenuti delle diverse parti della Messa. È da notare co- me chi segue la Messa, uti- lizzando sussidi preparati, non coglie questa varietà di possibilità. Forse se ne rende conto di domenica in domenica quando il sussidio presenta, nel tempo, diver- se proposte. La scelta delle diverse opzioni è affidata generalmente al prete che presiede. Il libro suggeri- sce anche le occasioni nelle quali utilizzare uno dei for- mulari. È importante che i partecipanti, pur servendosi del sussidio, non ne siano del tutto condizionati, badando a interagire nel dialogo con chi presiede, pronti a co- glierne le sollecitazioni con parole che non sono sempre le stesse. Si pensi alle diver- se formule di saluto iniziale o ai diversi schemi dell’at- to penitenziale. La prepa- razione non casuale di chi presiede e la sensibilità di chi partecipa renderanno più vivi i momenti iniziali. Serviranno anche a dare il tono opportuno alla celebra- zione. Liturgia Eucaristica La parte della liturgia eucaristica è molto ricca. Il prefazio che precede la preghiera eucaristica, e che si conclude con il canto (da preferire se possibile alla re- cita) del «Santo», è presen- tata in una ricca varietà di testi. L’indice ne elenca ben 117. Di questi sono colloca- ti nella parte centrale in numero di 82. Gli altri so- no collocati in altri settori del Messale già presentati per l’utilizzo insieme alle orazioni proprie. La cono- scenza del libro liturgico e la sensibilità di chi prepa- ra la celebrazione offrirà la possibilità di utilizzare e di valorizzare, le varie opzioni. La sinergia tra sacerdote e gruppi liturgici parrocchiali porterà frutti. Altre opzioni sono offerte dal Messale con le quattro Preghiere eucaristiche. In- dicate con la numerazione romana, sono generalmen- te familiari ai partecipanti alla Messa. Quella indicata con il numero I ha anche la indicazione ufficiale come «Canone romano». Era la preghiera eucaristica unica prima della riforma conci- liare. La nuova edizione del Messale romano presenta confermandoli anche altri testi. Si tratta della Pre- ghiera eucaristica della Riconciliazione I e II. I te- sti presenti nel precedente Messale con il numero V, sono stati rinominati come «Preghiera eucaristica per le Messe per varie necessi- tà». Ognuna delle quattro ha un titolo che ne riassume la prospettiva. La conclusione della Mes- sa ha un suo rito. In alcune circostanze sono proposte benedizioni solenni. G.F.

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