L'Amico del Popolo digitale

Alpago ambito autistico. Scoprii che m’interessava più di quanto pensassi. Poi ho avuto la possibilità di fare esperienze con bambini col disturbo dello spettro autistico, operando in una cooperativa e facendo interventi a domicilio. È stato un periodo folle per i continui spostamenti giornalieri, ma è servito molto per specializzarmi e poter arricchire il mio curriculum». Gli anni del covid? «Non tutto il male vien per nuocere», confessa: «La pandemia è stata almeno una pausa temporanea al mio girare come una trottola per onorare tutti gli impegni». 29 L’Amico del Popolo 7 novembre 2024 - n. 44 Dai nostri paesi ALPAGO - Martina Fagherazzi, 29 anni. STORIE DI CHI RESTA L’Alpago è la terra d’origine di Martina. Ed è anche il luogo dove ha scelto di vivere. «La sfida sta nel provare a comprendere l’altro e il suo modo di vedere il mondo». Che è la premessa a ogni relazione umana, e a ogni possibilità di conoscenza. La frase l’ha scritta Martina nelle conclusioni della sua tesi di laurea intitolata «Insegnamento della religione e autismi». Si può arrivare a questa consapevolezza in tanti modi. Lei lo ha fatto studiando tanto, specializzandosi in più settori e macinando migliaia di chilometri al volante per raggiungere Trento, Treviso, Rovereto, Belluno, il Cadore. E tanti altri ne sta facendo ancora con l’entusiasmo e la voglia di metterci del suo nella professione. Lo fa da dall’Alpago, sua terra d’origine, da Chies, e domani lo farà da Pieve dove tornerà, vicino alla casa dov’è nata, «quando sarà finito l’appartamento dove andrò ad abitare con mio marito», racconta. Martina Fagherazzi, 29 anni, ma già esperienza da vendere, dopo la laurea in Tecnica della riabilitazione psichiatrica all’Università di Verona, ha conseguito la licenza in Scienze religiose all’Istituto superiore di Scienze religiose di Treviso. «Per cinque anni ha insegnato religione cattolica presso le scuole medie e superiori tra Zoldo e Belluno. Nel contempo mi occupavo come libera professionista di disturbi dello Spettro dell’Autismo». Attualmente Martina esercita la professione di tecnico della riabilitazione psichiatrica presso l’Ulss 1 Dolomiti. Una vocazione nata quasi per caso: «All’università avevo fatto un tirocinio in Per chi abita in Alpago, in effetti, le difficoltà logistiche sono all’ordine del giorno. «Fare un’ora d’auto all’andata e una al ritorno è la norma per noi. Siamo già allenati dalle scuole superiori. Molti resistono e sono disposti a qualche compromesso: disponibili a fare chilometri in più, pur di non mollare affetti, amicizie, famiglia. Ma molti altri proprio per questo se ne vanno giù a Belluno o in pianura. Non c’è un servizio di trasporto pubblico con orari fruibili e poche sono le aziende che applichino flessibilità orarie e smart working». La tesi con la quale a novembre scorso Martina ha conseguito la Licenza in Scienze religiose è stata valutata con il massimo dei voti ed è stata pubblicata: una soddisfazione che corona un lavoro intenso e in un campo poco o nulla praticato. «In effetti», spiega Fagherazzi, «non esiste quasi niente in letteratura sull’insegnamento della religione cattolica riferito all’autismo. Alla base di ogni intervento educativo è fondamentale conoscere le persone che si hanno davanti e partire dai loro bisogni. Chi pensava, anche in un recente passato, di poter parlare di spiritualità e di concetto del sacro in soggetti con lo spettro dell’autismo?». Quando smette di lavorare Martina, molla l’auto e sale in aereo col marito: «Mi piace viaggiare, conoscere altre realtà, persone, culture nuove». Ma le sue non sono le solite mete turistiche, bensì Paesi come la Romania, la Bosnia, l’Equador, visitati con l’Ufficio Missionario. «Luoghi dove c’è bisogno d’aiuto, dove la gente è meno fortunata di noi». Cambiano i contesti, non lo stile. Se si può dare una mano, la si dà. Alberto Laggia «Alla base di ogni intervento educativo è fondamentale conoscere le persone che si hanno davanti e capirne i bisogni» Ventinove anni e migliaia di chilometri macinati al volante Alpago andata e ritorno La ‘‘lezione’’ di Martina La sua vocazione? «Aiutare i bambini con autismo» «Si scrive un libro per fare star bene chi lo legge». È la risposta decisa di Aldo Collazuol, che dona alla sua terra alpagota un volume apprezzato sul calcio locale per «rendere omaggio a quanti si sono impegnati nell’organizzare e sostenere le prime squadre di calcio in Alpago». Arnelio Giovanni Bortoluzzi di Sedico siede accanto all’autore di «Alpago e il pallone» sul palco della sala Boranga della Casa della gioventù a Puos, gremita per l’occasione. Amico e collega di studio di Aldo, Bortoluzzi mette in luce il gran lavoro dell’insegnante e urbanista iniziato nel difficile contesto storico del dopoguerra, quando alcuni ragazzi decisero di prendere a calci un pallone. Suscitano emozioni e ricordi nei volti dei partecipanti all’evento di giovedì 31 ottobre già le prime parole di Bortoluzzi, che ha curato la presentazione delle trecento pagine dal sottotitolo eloquente: «una grande unica passione». «Questa ricerca è di fatto un’opera collettiva», afferma Aldo, che in questi giorni consegna personalmente la copia del libro ed è contento di cogliere nell’incontro con i protagonisti delle storie e delle vicende narrate e documentate con foto, tabelle, articoli. «Che cosa mi ha spinto a scrivere?», aggiunge. «In primis l’esigenza di indagare sul quando e come si è cominciato a giocare a calcio nei nostri paesi, poi il chi ha introdotto il gioco che sarebbe diventato così coinvolgente per diverse generazioni». «Nel 1955 certamente ci sarà stato l’apporto dei maestri, di persone arrivate nella conca da altre zone; decisivo però il collegamento tra sport e studio, in particolare per i giovani che frequentando scuole superiori in città avevano avuto negli anni Cinquanta opportunità di praticare sport in società già organizzate. Le società sportive minori», assicura Aldo, «erano sorte nell’ambito delle parrocchie e dei collegi». Incrociando ipotesi e narrazioni, l’autore ha trovato quindi molte conferme; consultando i giornali locali Il Gazzettino, L’Amico del Popolo, Il Corriere delle Alpi, ha formalizzato il cammino del calcio nella conca, che ha avuto anche la “settima squadra” tutta femminile per un decennio. Il libro è frutto di lavoro gratuito da parte di Aldo Collazuol, che è stato giocatore, allenatore e ora dirigente. Decisivo il contributo degli sponsor Ital-lenti, Serramenti Cusan, Gs Gestione Sicurezza, Charlie Interior Design, Alpagel. Eventuali introiti saranno devoluti in progetti di solidarietà. Alla presentazione del volume edito da Asd Alpago Calcio e dedicato ai nipotini dell’autore, c’erano le autorità, che hanno portato un saluto carico di gratitudine. Giuseppe Fagherazzi, attuale presidente del sodalizio, ha sottolineato l’unione e la passione che il pallone realizza. Gianpaolo Bottacin, assessore regionale e originario di Puos, ha ricordato l’apporto del suo papà alle vicende calcistiche. Hanno richiamato i valori dell’amicizia, riconoscenza e ricordi personali Paolo Soccal, dirigente della Società, Orazio Zanin delegato Figc Veneto, Roberto Padrin presidente della Provincia. Commovente la testimonianza di Terzio Lupari, che ha ricordato l’amicizia e il periodo scolastico condiviso con Giorgio Fagherazzi, valente giocatore e bandiera tra i fondatori dell’Edo Mestre. Un inno al gioco di squadra in tempi di individualismo, come si legge nella dedica: «Un calciatore da solo va dove vuole, ma con la squadra va molto lontano». P.B. il libro - Trecento pagine sulla storia del calcio alpagoto «Alpago e il pallone» di Collazuol Un inno al gioco di squadra

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