7 L’Amico del Popolo 7 novembre 2024 - N. 44 Chiesa locale Attività diocesane Diario del Vescovo GIOVEDÌ 7 - Presiede il Collegio dei Consultori (Curia, ore 9.30). Partecipa all’incontro dei referenti sinodali del Triveneto (ore 20.30). VENERDÌ 8 - SABATO 9 - Partecipa all’incontro residenziale del Coordinamento foraniale di Alpago - Longarone - Zoldo (santuario Santi Vittore e Corona, inizio ore 18). LUNEDÌ 11 - Presiede la santa Messa nella solennità di san Martino, patrono della Diocesi e della città di Belluno (Cattedrale, ore 10 - in diretta su Telebelluno). Presiede i secondi vespri della solennità di san Martino (Cattedrale, ore 18.30). MARTEDÌ 12 - Partecipa alla Conferenza Episcopale Triveneto (Zelarino, ore 9). Presiede la giunta del Coordinamento foraniale di Agordo e Livinallongo (Rivamonte, ore 20). MERCOLEDÌ 13 - Incontra il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici di Duomo e Loreto (ore 20). VENERDÌ 15 - DOMENICA 17 - Partecipa all’Assemblea sinodale delle Chiese in Italia (Roma). Cresime SABATO 9 - Calalzo di Cadore (ore 16). DOMENICA 10 - Cavarzano (ore 16). la storia - Come il Vescovo di Tours divenne patrono della città e della diocesi San Martino arrivò a Belluno Soldato, monaco e vescovo, diventava icona di una società sulle soglie del Medioevo La diocesi di Belluno e la stessa cattedrale del capoluogo hanno come patrono e titolare san Martino, uno dei santi più popolari e universalmente diffusi. Ma quando è arrivato, con il suo cavallo e il suo mezzo mantello, ai piedi della Schiara? Secondo una tradizione antica, ripresa dagli storici locali a partire dal cinquecentesco, Giorgio Piloni, sarebbe stato un vescovo di nome Felice, amico di Venanzio Fortunato, nell’anno 547, a scegliere Martino per l’intitolazione del duomo cittadino. In realtà quel vescovo Felice era un vescovo di Treviso, reduce da un viaggio citato proprio dai versi di Venanzio Fortunato, che lo aveva portato fino a Ravenna dove era guarito da una malattia degli occhi ungendosi con l’olio della lampada che ardeva davanti all’altare dedicato a San Martino. Che era quindi un culto già diffuso nell’Italia in fase di effimera riunificazione al termine delle guerre gotiche di Giustiniano. Ma un vescovo di Belluno di nome Felice in quegli stessi anni è davvero esistito e un frammento del suo sarcofago, con il suo nome inciso, era stato trovato nel Settecento nel ricostruire la chiesetta di Santa Maria di Val de Nere, nei pressi di Bolago, per finire poi disperso in età napoleonica. Un vescovo cattolico costretto come molti altri, in quell’epoca in cui imperatore ed esercito erano per lo più ariani, a vivere e a essere sepolto lontano dalla città. Come il Sant’Homininus venerato a Carmegn, o come i due personaggi che erano stati sepolti nella doppia cripta sotto l’altare di San Daniele/ Liberale, sopra Cusighe. O come lo stesso san Lucano, costretto a trovare rifugio nella valle agordina che si apre da Taibon verso le Pale di San Martino. San Martino era vissuto nel quarto secolo dei grandi concili e delle grandi eresie, che avevano costretto all’esilio prima il suo grande amico Ilario e poi lui stesso. La sua vita è stata raccontata da Sulpicio Severo, uno scrittore che aveva vissuto con lui molti anni ed era quindi testimone diretto del suo carisma. Sulpicio racconta di una vita scandita da tre fasi: 25 anni di servizio militare, poi la scelta monastica, infine l’acclamazione vescovile e un servizio episcopale caratterizzato dalla conversione delle campagne ancora pagane e dall’opposizione alle eresie. È questa sua triplice figura (miles, monachus, episcopus) che ne ha fatto un modello per le città al tramonto dell’età romana, quando paganesimo, eresia e invasioni avrebbero minacciato dalle fondamenta la nuova fragile costruzione di quella che di lì a poco sarebbe divenuta l’Europa cristiana. Non ci sono elementi per stabilire con certezza se l’intitolazione del duomo di Belluno a san Martino fosse già stata decisa dal vescovo Felice del sesto secolo, costretto a vivere e morire fuori città mentre a Belluno si davano il cambio di ultimi Ostrogoti e i primi Longobardi, entrambi ariani, o se invece sia stata una scelta adottata due secoli più tardi, alla fine del dominio longobardo o addirittura all’arrivo dei vescovi carolingi che dalla Francia avrebbero diffuso il culto martiniano. Ma è vero che Venanzio Fortunato era di ValdobbiaVIGO DI CADORE - San Martino, al centro del pregevole trittico custodito nella chiesa parrocchiale. dene, quindi molto vicino a Belluno, e aveva cantato e propagato Martino in queste zone fin dal sesto secolo, quando ariani e cattolici si alternavano abbastanza di frequente alla guida della chiesa bellunese, come dimostrano le molte lacune della cronotassi episcopale dovute molto più probabilmente alla cancellazione dei nomi dei vescovi ariani che non alla distrazione di qualche antico cancelliere. In conclusione, quindi, finché la Chiesa di Belluno fu in mano agli Ostrogoti ariani è del tutto improbabile un’intitolazione della cattedrale a san Martino, che diventò invece una scelta quasi naturale al momento della caduta nel 553 dell’ultima resistenza gotica asserragliata con Totila e Teia proprio tra Treviso e Belluno: Martino campione contro gli eretici era il titolo più adatto per una cattedrale finalmente tornata all’ortodossia cattolica. Ma la riunificazione operata da Giustiniano durò meno di quindici anni. Nel 568 arrivarono inarrestabili i Longobardi di Alboino, anch’essi ariani. Il culto martiniano sostenuto dai vescovi cattolici dovette tornare in una sorta di clandestinità, mentre la cattedra vescovile passava ancora una volta in mano agli ariani, almeno fino alla fine del sesto secolo, quando Teodolinda e Agilulfo convertirono anche i Longobardi al cattolicesimo. Fu allora che l’intitolazione a Martino poté verosimilmente tornare a essere ufficiale e definitiva. Martino, archiviato vittoriosamente il suo ruolo di campione della cattolicità contro gli ariani, avrebbe potuto dedicarsi da quel momento a esercitare il suo secondo carisma di convertitore delle campagne bellunesi e dolomitiche ancora pagane, nonché – da vecchio veterano – di “defensor civitatis” contro l’ultima minaccia esterna degli Ungari. Marco Perale L’Amico ringrazia i suoi collaboratori BELLUNO - 30 ottobre 2024: foto di gruppo per i propagandisti dell’Amico del Popolo. BELLUNO - Il Vescovo e il direttore con Carla De Nardin, di Agordo, da 20 anni propagandista della testata. Mercoledì 30 ottobre, si è tenuto il tradizionale incontro dei propagandisti de L’Amico del Popolo al Centro Giovanni XXIII, per salutare Carlo Arrigoni, arrivato alla meritata pensione, e per conoscere il nuovo direttore, Alberto Laggia. Nell’occasione l’informatico Piero Bridda ha presentato l’archivio digitale dell’Amico, 115 anni di storia a disposizione di appassionati e studiosi. Poi è venuta l’ora dei riconoscimenti ai propogandisti più “longevi”, ai quali deve giungere la gratitudine del settimanale, della redazione e del vescovo Renato, presente all’incontro. Da oltre 80 anni al servizio della liturgia Pietrobon Bruno Arredi Sacri Piazza Duomo, 8 - 31100 Treviso tel. 0422541690 pietrobon@pietrobon.it
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