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Venerdì 28 settembre 2018 ‐ B. Bernardino da Feltre
Wanbao Acc dal Prefetto, quale futuro per i 75 licenziati?
Le aziende che cercano lavoratori si rivolgono alle agenzie e non domandano i profili medio-bassi. Si può costruire un percorso di formazione per riqualificare chi resta a casa.
Preoccupa molto la situazione che si è venuta a creare nell’azienda di Mel Wanbao Acc, dove 91 lavoratori sono stati dichiarati in esubero: pochi di essi hanno lasciato spontaneamente il lavoro, i licenziati alla fine sono 75. Stamattina, venerdì 28 settembre, lavoratori e sindacati si sono riuniti a Belluno in piazza Duomo, per essere ricevuti alle 11 dal Prefetto.
Naufragato il tentativo di accordo all’interno dell’azienda (con la prospettiva della riduzione di orario e il licenziamento di soli 20 operai, un’ipotesi che non dispiaceva all’interno del sindacato), sono falliti anche i tentativi di mediazione delle istituzioni territoriali, che nei giorni scorsi hanno cercato di far incontrare la domanda di lavoro delle aziende bellunesi con questa nuova offerta di braccia pronte a indossare di nuovo la tuta. In sostanza, le organizzazioni aziendali hanno messo sul piatto solo la ricerca di profili di qualificazione medio alta, senza possibilità di incontro con la professionalità degli operai lasciati a casa da Wanbao Acc.
«I tentativi di ricollocazione sono andati malissimo, anzi zero», tira le somme Luca Zuccolotto, Fiom Cgil, «il territorio non ha aiutato». In Cgil rifiutano il quadro di una provincia in cui sono richiesti solo i profili medio alti: «Non è vero che non c’è bisogno dei profili dei lavoratori ex Wanbao Acc, il problema è che le aziende ci hanno portato solo i profili medio alti. Eppure noi qui abbiamo gente che può benissimo andare a fare i lavori che vengono assegnati agli interinali. Noi sappiamo che ci sono in provincia di Belluno 470 posti vacanti nel metalmeccanico e mille in altre categorie. Chiediamo un percorso di reinserimento di queste persone, anche con lavoro interinale per un primo periodo. Ma se le aziende domandano alle agenzie di somministrazione un profilo di donna under 25... basta, è ovvio che tagliano fuori tutti questi!».
Poco meno di 50 anni è l’età media delle persone rimaste sulla strada dal licenziamento Wanbao Acc. «Gran lavoratori tra l’altro, le aziende che li assumessero non se ne pentirebbero». Ci sono situazioni anche critiche, una persona sola che ha il padre a carico invalido al 100%, per esempio.
La Provincia di Belluno viene considerata da sindacati e lavoratori un buon intelocutore. Ha fatto il possibile. Ma non se ne esce, se non si farà una legge che obblighi le aziende ad assumere una quota di lavoratori dal centro per l’impiego.
Cisl, congiunta con Treviso, guarda le cose con una prospettiva un po’ più ampia. E questo non migliora l’esame della situazione, tutt’altro: «La verità è che questo territorio ha un grosso problema perché non ha ancora recuperato i livelli di occupazione pre-crisi», afferma il segretario organizzativo Gianni Pasian. «Il problema occupazionale qui è serio». Secondo la Cisl non è tanto colpa della somministrazione di lavoro, che le aziende governano come vogliono. «Ho visto un forte calo di lavoratori somministrati, è da capire qual è effettivamente la domanda del territorio. È da capire anche come dare risposte capaci di far incontrare domanda e offerta: in altre parole, capire e discutere con le aziende come orientare la formazione».
C’è chi vede l’imminenza del problema di ricollocare 75 persone oggi senza lavoro e chi vorrebbe un respiro più profondo. E forse le due cose possono anche stare insieme. Per la Cisl in ogni caso è da mettere in piedi una progettualità. Che in pratica vuol dire mettere in campo la formazione di chi resta a casa, nella direzione di ciò che le aziende cercano. Antonio Bianchin segue i metalmeccanici in Cisl ed è convinto che si possa portare anche qui in provincia di Belluno il modello adottato a Verona, per la Ferolin, due anni e mezzo fa. Lì la riqualificazione dei lavoratori funzionò.
Che cosa vuol dire in concreto? Facciamo due conti. Per formare un operaio e riqualificarlo secondo le richieste delle aziende ci vogliono quattro mesi, non è molto in fondo. Per le professionalità più alte, come i saldatori, ci vogliono sei mesi. Nel periodo di formazione, se scattasse immediatamente, i licenziati potrebbero contare sul sussidio, che ammonta a 21mila euro in 24 mesi, a scalare partendo da 1.050 euro al mese, con copertura sul piano contributivo. Non pare un percorso impossibile, ma va strutturato una volta per tutte mettendo insieme tutti gli attori (ecco l’importanza del coinvolgimento della Prefettura) e deve poter iniziare immediatamente quando si affaccia una crisi. Qualcuno, tra i lavoratori, storcerà il naso e non accetterà, molti però si inserirebbero nella formazione, per passare a un altro lavoro prima della fine del sostegno.
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