L’Amico del Popolo.it
Info | YouTube

Sotto una nuova luce

di Luigi Del Favero

Dalla meraviglia che provoco negli altri e da qualche benevola presa in giro, mi rendo conto che non siamo molti nella categoria di quanti amano scrutare assiduamente il cielo. Non possiedo la competenza dello scienziato, non ho gli interessi degli operatori turistici o dei contadini, non devo coltivare l’attenzione delle guardie forestali né mi appartengono le preoccupazioni dell’amministratore che pensa alla scarsità di acqua. Guardo il cielo "per passione" o forse per un’abitudine di cui probabilmente si potrebbero rintracciare le radici, anche se ora non mi metto a scavare per trovarle.
Il mio è l’occhio di chi semplicemente ama guardare di giorno e di notte, all’alba e al tramonto, nei giorni di sole e in quelli di nuvole. Lo confesso con un po’ di pudore: mi capita talvolta di immaginarmi nei panni di chi racconta o scrive una fiaba per i bambini (dicono che siano rimasti gli unici lettori seri!) e descrivo il cielo e il mondo che si muove sotto il cielo, fingendo di essere un animale. Come ha visto la grande luna di novembre un cervo che vagava di notte? Si è fermato ed ha avuto paura? Come appare per la prima volta la neve ad un gattino? E le galline cosa hanno provato quando c’è stata l’eclisse? Cosa sentono gli uccellini del bosco quando salutano l’alba e anticipano il giorno con un canto sempre gioioso? Starei bene in loro compagnia.
Proprio per questo sono pronto a smentire l’affermazione di quanti constatano e si lamentano della lunga serie di giornate poco invernali di questo dicembre. Dicono che sono tutte uguali e infatti anche i meteorologi sono brevissimi nelle previsioni del tempo, dato che non c’è proprio nulla di nuovo da prevedere. Smentisco quanti si lamentano perché la luce è stata molto diversa, ogni giorno nuova. Osservando il tramonto sulla valle del Piave, nella sera di santo Stefano, tutto mi è apparso inedito. La presenza di nuvole in veloce movimento ha animato anche la luce. Per alcuni istanti il cielo è diventato rosso e pareva che la luce, accesa pure essa, corresse fino ad arrestarsi su una invisibile linea di frontiera invalicabile, oltre la quale c’era un blu intenso che si incupiva fino a perdersi nel buio della notte precoce di questa stagione. È stato spontaneo riflettere sul fatto che sotto una luce nuova tutto appare veramente diverso.
Dato che non posso stare a lungo in compagnia degli animali del bosco e neppure dei bambini ancora capaci di incanto, la riflessione mi ha rimesso con i piedi per terra e mi ha rimandato altrove. Eccomi obbligato a cercare una risposta a chi, non proprio benevolmente, mi ha chiesto ragione del mio entusiasmo per papa Francesco, che nei giorni di fine anno vorrebbe diventare un grande «grazie». Mi è stato domandato: «Ma cosa ci trovi di nuovo? Non vedi che dice sempre le stesse cose e stanca tutti ripetendole quasi ogni giorno? Che Chiesa lascerà quando non ci sarà più?».
È vero che tutto è identico nel panorama del mondo religioso; il Papa non ha cambiato una virgola nella dottrina della Chiesa; si rifà spesso al catechismo e predica come un normalissimo parroco. Non solo incoraggia le devozioni popolari, ma le pratica sotto gli occhi di tutti, anche recandosi da quella particolare immagine della Madonna alla quale porta un mazzo di fiori. Si confessa e va a confessare ogni volta che può, perché è convinto che esiste il peccato e che abbiamo bisogno tutti di perdono. Ha rimesso in circolazione le opere di misericordia obbligandoci a imparare di nuovo il vecchio catalogo di quelle opere. Ama il Vangelo di sempre, si percepisce subito che lo conosce bene, lo cita, lo diffonde anche promuovendone la stampa in edizioni popolari: raccomanda di averlo sempre in tasca o nella borsetta.
Eppure si può dire che con lui tutto è nuovo! Con le parole e più ancora con i fatti e con gesti significativi e tuttavia molto spontanei, ci sta aiutando a vedere tutto sotto una luce nuova. Proprio tutto? Direi di sì, cominciando dall’immagine di Dio e arrivando all’uomo, sempre considerato immerso nella comunità e inserito nel mondo. Da un nostro bellunese, rientrato per le festività da Bruxelles dove lavora, ad un buon livello, nell’ambito della Commissione europea, ho sentito affermare che in quel mondo si presta molta attenzione a papa Francesco!
Ma io mi sento obbligato a formulare in poche parole quello che avverto di nuovo, capace di gettare una luce diversa sulla mia vita. Eccolo: papa Francesco mi fa capire che per Dio perdere un essere umano, anche il più piccolo, è letteralmente perdere un figlio. Da questa evidenza nasce per lui quell’instancabile carità verso tutti che egli vuole evidenziare come centro del Cristianesimo.
Lo era da sempre, ma lui sta appunto evidenziandola con tanta forza. Dalle feste natalizie porto via una sua preghiera: «Donaci di diventare piccoli come Te, bambino di Betlemme, affinché possiamo esserti vicini e ricevere da Te umiltà e mitezza in abbondanza. Il mondo è stanco e sfinito perché fa a gara a chi è il più grande».
Che sia questa diagnosi, severa e netta, lo squarcio di luce che ci permette di vedere tutto nuovo?

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

Copyright © 2000-2019 L'Amico del Popolo S.r.l.
Piazza Piloni 11, 32100 Belluno - tel. +39 0437 940641, fax +39 0437 940661, email redazione@amicodelpopolo.it | P.Iva/C.F. 00664920253