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La chiesa "crede" all’idea di Europa

In vista della celebrazione del 60° anniversario del Trattato di Roma che diede vita alla Comunità economica europea (che si terrà il prossimo 25 marzo) vale la pena sottolineare che in questi decenni il magistero dei pontefici e i pronunciamenti degli episcopati hanno sempre sostenuto il processo di integrazione comunitaria, pur segnalandone eventuali criticità o ritardi. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Sono talmente numerosi i riferimenti del magistero ecclesiale alla "casa comune" europea, che chi prende sul serio gli insegnamenti dei pontefici e dei vescovi non può che "fare il tifo" per l’Europa.
La Chiesa sin dai primi passi ha costantemente accompagnato e incoraggiato il cammino verso l’unità europea, inteso come percorso politico di popoli e Stati volto alla pace, alla tutela dei diritti delle persone, alla costruzione del benessere materiale e spirituale: tutti elementi basilari affinché ogni donna e ogni uomo possa vivere in pienezza la propria umanità e la propria dignità trascendente.
La Chiesa, con diverse voci e forme, ha anche criticato taluni passaggi politici poco coerenti col disegno iniziale o fuori asse rispetto ai principi che reggono la stessa "casa comune".
Nei giorni scorsi il cardinale Bagnasco ha ad esempio affermato: «Il 60° anniversario del Trattato europeo è un’occasione propizia, affinché i capi di Stato confermino il sogno europeo e facciano un serio esame di coscienza se il progetto è rimasto fedele ai padri fondatori. I segnali di diffidenza e di lontananza dall’Unione ci sono. Non prenderli sul serio sarebbe da irresponsabili».
Dal canto suo papa Francesco ha assegnato all’Europa attenzioni crescenti e durante la sua visita alle istituzioni Ue a Strasburgo, il 25 novembre 2014, ha confermato la linea di attenzione e sostegno al processo di integrazione. In uno dei discorsi pronunciati nella città alsaziana, Francesco ha dichiarato: «È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su se stessa per promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda, difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità».
È però vero che gli auspici e gli incoraggiamenti non bastano e che per migliorare le cose ci vuole l’impegno delle persone, dei cristiani; un impegno a partecipare, per quanto possibile, alla comunità civile, sia essa il Comune, la Regione, lo Stato, l’Europa. Su questo aspetto ha avuto parole inequivocabili Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica «Ecclesia in Europa» del 2003. «È necessaria – scriveva Wojtyla al numero 117 – una presenza di cristiani, adeguatamente formati e competenti, nelle varie istanze e istituzioni europee, per concorrere, nel rispetto dei corretti dinamismi democratici e attraverso il confronto delle proposte, a delineare una convivenza europea sempre più rispettosa di ogni uomo e di ogni donna e, perciò, conforme al bene comune».
Poche righe per ricordare il dovere di tutti all’impegno socio–politico, la necessità della formazione e della competenza (quanti giudizi affrettati e approssimativi che si sentono anche sull’Europa!), l’accettazione del processo democratico (fatto di maggioranze e minoranze e di tante fatiche e problemi), l’obiettivo del bene comune da perseguire nel tempo tramite quanto ad esso più si possa concretamente avvicinare.

Leggi il "fondo" della settimana scorsa.

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