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Giovedì 21 settembre 2017

Sappada in Friuli, De Menech fa intuire il «no» del Pd alla Camera. Piccoli: «sì» doloroso ma giusto






De Menech: «Il Partito democratico rispetta la volontà dei cittadini, ma la provincia di Belluno merita di essere trattata in modo omogeneo». Piccoli: «Passaggio doveroso ma doloroso per Belluno e il Veneto: basta disparità».

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Sull’approvazione, da parte del Senato, del disegno di legge per il passaggio di Sappada al Friuli Venezia Giulia (adesso il provvedimento deve passare all’esame della Camera dei deputati) intervengono anche i parlamentari bellunesi Roger De Menech e Giovanni Piccoli.

«La decisione arriva a ridosso del referendum del prossimo 22 ottobre, con cui i cittadini bellunesi sono chiamati a esprimersi sulla volontà di assegnare maggiore autonomia della Provincia di Belluno rispetto alla Regione Veneto», si legge nella lunga nota diffusa da De Menech, Pd. «La simmetria temporale tra i due avvenimenti non può essere liquidata come pura coincidenza. Prima o dopo, infatti, i nodi vengono al pettine. Da quasi venti anni i Bellunesi chiedono alla Regione Veneto - inascoltati - di attuare politiche differenziate rispetto ai territori di pianura. Chiedono maggiori risorse, è vero, ma chiedono soprattutto strumenti appropriati per regolare e programmare la vita istituzionale, economica e sociale tenendo conto delle peculiarità di un territorio interamente montano. La determinazione dell’intero sistema politico e sociale bellunese ha consentito di fare qualche passo avanti, per esempio strappando alla Regione il controllo dei canoni idrici. Tuttavia, di fronte alla quasi totale mancanza di risposte alle crescenti domande di equità e giustizia poste dai Bellunesi, da 12 anni molti Comuni hanno chiesto di abbandonare la Regione (il primo fu Lamon nell’ottobre 2005) e di unirsi chi al Trentino Alto Adige chi al Friuli Venezia Giulia. Ma cosa succede ora alle istanze degli altri comuni referendari?», si chiede De Menech. «La richiesta di Sappada è arrivata in Parlamento perché è l’unica ad avere ottenuto il consenso della Regione di destinazione. Ma anche le istanze dei cittadini degli altri comuni bellunesi che hanno chiesto il passaggio ad altra regione devono trovare ascolto, perché sempre frutto di diseguaglianze con territori confinanti a statuto speciale. Il Partito democratico», prosegue il ragionamento il parlamentare Pd, lasciando trasparire che alla Camera il voto del Partito democratico potrebbe essere contrario, «rispetta la volontà dei cittadini, tanto più se questa si è manifestata con un voto democratico. Ma la provincia di Belluno merita di essere trattata in modo omogeneo. La politica, a tutti i suoi livelli, deve farsi carico della situazione, individuando strumenti finanziari utili a colmare le disparità che spingono a chiedere di cambiare regione. I segnali arrivati solo quest’anno dalla giunta regionale», è la stoccata di De Menech contro Venezia, «sono tutt’altro che rassicuranti. La Regione infatti si è ripresa le deleghe sull’attività venatoria che erano affidate a Belluno dall’inizio degli anni Novanta. Inoltre, vanno evidenziati i tentennamenti della giunta rispetto alla necessità di tenere aperto e pienamente funzionale l’ospedale di Cortina e le ulteriori ipotesi di accentramento anche nel settore di gestione del turismo. Solo un cambio di approccio a livello regionale può invertire le spinte centrifughe di tanti comuni che vogliono andarsene dal Veneto. Spinte che, altrimenti, sono destinate ad aumentare. e che potrebbero spingere l’intero Bellunese a chiedere il passaggio ad altra regione».

Il disegno di legge è passato con 168 si,1 no,8 astenuti.

«È un sì doveroso ma doloroso», ha dichiarato Giovanni Piccoli in una nota alla stampa, «che pone una questione urgente e non più rinviabile, quella del governo dei territori. Il voto di oggi è una sconfitta politica di tutti perché attesta che in questo Paese ci continuano a essere cittadini di serie A e di serie B. Inutile nascondersi dietro a un dito». Il senatore bellunese di Forza Italia sottolinea che è passato anche l’emendamento a firma dello stesso Piccoli che detta al Governo tempistiche strette per l’attuazione concreta del passaggio, ovvero tre mesi: «Questo per evitare», dice Piccoli, «che l’Esecutivo faccia il furbo e dilati i tempi. Sappada è sempre stata più proiettata verso Udine che verso il Veneto: è un dato storico, culturale, religioso oggettivo. La maggioranza della popolazione si è espressa a favore del passaggio e i pareri di Veneto e Friuli sono stati favorevoli. Il Parlamento non può non prendere atto di questo doppio via libera popolare e istituzionale», la premessa di Piccoli, che però continua: «Il voto su Sappada però va oltre Sappada, lasciando aperto il problema delle disparità di trattamento tra Regioni a statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario, questione che in Veneto dovrà necessariamente essere uno dei temi della campagna referendaria per il sì all’autonomia. A maggior ragione nel Bellunese dove vi sarà un secondo quesito autonomista». «Questo Governo non ha fatto altro che esasperare tali disparità, da un lato tagliando risorse agli enti locali delle Regioni ordinarie, dall’altro mantenendo - e anzi potenziando - i privilegi delle Regioni a statuto speciale, Province autonome in primis». «Spero che questo voto su Sappada spinga i veneti, e in particolare i bellunesi, a recarsi in massa alle urne e votare a favore dell’autonomia del Veneto e del Bellunese», aggiunge Piccoli che come soluzioni a breve termine vede la riforma del Fondo per i comuni di confine con il Trentino Alto Adige (allargandolo, per esempio, con maggiore forza ai privati) e l’istituzione di un fondo analogo per i territori limitrofi al Friuli, contenuto di una proposta di legge dello stesso Piccoli, ostacolata in tutti i modi dalla maggioranza di governo. «Quello di oggi è un punto di non ritorno: se non si imboccherà la strada dell’autonomia per il Veneto e per il Bellunese, rischiamo un effetto domino pericolosissimo», la conclusione di Piccoli.


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