Si è tenuta ieri mattina in Cattedrale a Belluno la Messa del Crisma che è la celebrazione che rappresenta in maniera visiva la realtà della Chiesa diocesana: presieduta dal Vescovo, attorniato da quasi tutti i suoi preti e dai diaconi, con una rappresentanza dei chierichetti e dei fedeli.
All’inizio della celebrazione il Vescovo ha ricordato i preti che festeggeranno nel 2023 particolari anniversari di ordinazione: raggiungeranno il raro traguardo di settant’anni di sacerdozio don Lino Mottes e don Enrico Zasio, ordinati il 5 luglio 1953; al traguardo dei sessant’anni di ordinazione giungono don Luigi De Col e don Marino Giazzon, ordinati il 29 giugno 1963; il giubileo dei cinquant’anni riguarda don Luigi Calvi (ordinato il 10 ottobre 1973), don Lorenzino Menia (ordinato il 20 ottobre 1973) e don Renzo Roncada (ordinato il 6 ottobre 1973); festeggiano il 25° don Andrea Constantini e don Vito De Vido, ordinati il 23 maggio 1998.
Oltre a un «pensiero particolare di comunione e riconoscenza al vescovo Giuseppe», il vescovo Renato ha ricordato i presbiteri anziani ricoverati a Casa Kolbe e quelli che vivono in altre case di soggiorno o a propria casa, con un pensiero particolare per don Giuseppe Pedandola – ricoverato, ma sereno come sempre – e per l’organista Nino Piol, cui quest’anno è toccato “disertare” la consolle. Da ultimo, ma non per importanza, ha ricordato – con «una memoria riconoscente» – i presbiteri morti dall’ultima pasqua: don Gigi De Rocco, don Lucio Giazzon (canossiano), don Lino Del Favero, fra’ Fortunato De Pellegrin ofm, don Andrea Tison, don Samuel Gallardo, don Mario Carlin, don Gemo Bianchi e don Giuseppe Vigolo.
Molto intenso il passaggio dell’omelia in cui il Vescovo ha esortato i suoi preti, chiamandoli «Amici e confratelli presbiteri» e dicendo loro: «Senza il profumo della stima e del voler bene, senza le mani protese a cospargerlo, senza la cura nell’asciugare, abbellire e incoraggiare, senza i luoghi preparati e imbanditi di amicizia e ospitalità come la casa di Betania o il vicino cenacolo, senza tutto questo perderemmo il cuore, il sentire, lo stile, l’affetto di Gesù».
Tema ripreso nella chiusa dell’omelia, introducendo la rinnovazione delle promesse presbiterali: «Vorrei pensare che in questa rinnovazione, cari confratelli, ci sia anche la promessa a darci vicendevole fiducia», con particolare riferimento ai «passi che faremo nei prossimi mesi con il rinnovo dei Consigli pastorali».
Sempre presieduta dal Vescovo, nella serata di ieri si è svolta in Cattedrale la celebrazione “in cena Domini” del giovedì santo che per la prima volta ha visto riunite tutte le cinque parrocchie cittadine i cui quattro parroci hanno fatto corona al Vescovo insieme ai canonici della Cattedrale. Nell’omelia, facendo riferimento al tradimento di Giuda, il Vescovo ha sottolineato che «Gesù, in quel buio in cui è precipitato, ha conosciuto alla radice il male oscuro dell’essere tradito, si è scontrato con le tenebre che oscurano la vita, l’opera bella di Dio, il “molto buono” che Dio ha creato nella nostra umanità». Ma, proprio nella cena in cui Gesù veniva tradito «avviene il parto di una nuova Vita che rigenera tutti e tutto (…) la vita, tutta quanta, è liberata nell’amore e per l’amore; e noi, come Pietro pur nella fragilità e nell’incertezza, abbiamo parte con Gesù; non siamo più schiavizzati dal male, traditi da un inganno ancestrale, ma siamo liberati come figli e figlie ritrovati, passati da morte a vita».
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