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lunedì 17 Marzo 2025,

Mi fa male il mondo. Ma c’è una speranza

Cosa significa oggi Avvento? L'editoriale del nuovo numero dell'Amico scritto dal giornalista Davide Fiocco

Le parole di Giorgio Gaber riecheggiano in testa, perché non avremmo mai immaginato di vivere questo scorcio di storia. 35 anni fa cadeva il muro di Berlino e si aprivano speranzosi orizzonti. Allora con i giovani si cantava: «E segni nuovi oggi nascono già… Ormai non è così strano sentir parlare di una casa comune dove abitare». Anni belli che durarono poco: nel 1991 la guerra del Golfo; nel decennio a seguire le guerre nella ex Jugoslavia; nel 2001 l’attacco alle Twin towers, cui seguì la guerra in Afghanistan; nel 2003 fantomatiche “pistole fumanti” trascinarono il Consiglio di sicurezza dell’Onu a legittimare l’attacco all’Iraq di Saddam Hussein. Così, quasi senza soluzione di continuità, fino alle guerre in Ucraina e in Medioriente, ancora in fiamme. Ma non dimentichiamo Myanmar, Sudan, Nicaragua, Venezuela… un elenco che è quasi impossibile completare. I «cieli nuovi» si son coperti di oscure nubi. Per questo «mi fa male il mondo».

È così amaro abituarsi al rumore di sottofondo della guerra. Stiamo dimenticando ciò che i padri costituenti scolpirono tra le prime righe della Carta su cui rinacque l’Italia, che «ripudia la guerra […] come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Fieri di questo principio, ottant’anni dopo l’immane tragedia bellica, vediamo che pure tra gli italiani c’è chi ritiene legittimo e utile l’uso della forza. «Ormai solo un Dio ci può salvare»: così Der Spiegel titolava nel 1976 un’intervista al filosofo Martin Heidegger. Vale anche oggi? Nelle roventi campagne elettorali, qualche candidato si propone come messia pacificatore e molti ne restano ammaliati. Non ci illudiamo! Oggi l’umanità non sembra capace di esprimere leader che cerchino davvero la pace. Ci vuole un aiuto superiore, a cui il credente si affida. Ma anche un laico, in compagnia del credente, sa cercare oltre l’orizzonte umano: l’assoluto condiviso che può salvare sta nella fraternità che tutti accomuna. Non posso uccidere mio fratello, perché coltiva pensieri diversi dai miei. Non posso sentirmi a posto, se lascio morire mio fratello. Ogniqualvolta la violenza uccide una vita, la coscienza protesta come di fronte a un giovane o a un amico gravemente ammalati.

Mercoledì scorso a Beirut si è festeggiato per il «cessate il fuoco», che ha sospeso i raid israeliani e gli attacchi di Hezbollah contro Israele. Tregua fragile, spesso violata, che non permette di parlare di pace. L’indomani però si è riacceso lo scontro armato in Siria e a farne le spese sono, come sempre, soprattutto i civili inermi. Arriverà mai la pace? Eppure ostinatamente ci aggrappiamo a ogni spiraglio di soluzione. Il tempo di Avvento, che prepara i cristiani al Natale, è tempo di speranza: dice che c’è un Dio che ci può salvare.

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