«Oddio, oggi è venerdì 17»: chi non l’ha mai esclamato, o per lo meno pensato tra sé e sé, con un brividino di preoccupazione? Siamo sinceri: pochi restano imperturbabili davanti al calendario che annuncia la famigerata abbinata alfanumerica: venerdì più 17. Conosciamo chi ha cancellato appuntamenti di lavoro importanti, che evita di mettersi in viaggio. Chi cerca perfino di rimanere a casa o, se proprio non può farne a meno, esce, ma restando nei paraggi. I meno inclini alla scaramanzia, non adottano alcuna strategia “anti-sfiga”, però, magari, vivono la giornata con una certa apprensione che finisce solo allo scoccare della mezzanotte, entrando in un più rassicurante sabato 18.
Insomma, venerdì 17 è il giorno più iellato dell’anno? «Non è vero ma ci credo», avrebbe risposto Peppino De Filippo. Ma perché il “combinato e disposto” giorno più numero dovrebbe portare così tanta jella? Da dove deriva questa fama così terribile e nefasta? Non è difficile arrivarci: unisce due componenti già tradizionalmente di per sé cariche di negatività come il venerdì, dies funesto perché giorno della morte di Gesù, e il 17 che, come il 13 in alcune tradizioni, è da sempre ritenuto sfortunato. Parliamo dell’Italia e di altri Paesi di origine greco-latina, ma anche di quelli anglosassoni, particolarmente inclini alle suggestioni cabalistiche.
Ma l’attribuire senso ai numeri era inclinazione diffusa già nell’antica classica: i seguaci di Pitagora, ad esempio, disprezzavano il numero 17 poiché era tra il 16 e il 18, i numeri che rispecchiavano perfettamente la rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6. Anche la tradizione giudaica ne era intrisa: nell’Antico Testamento, infatti, la data di inizio del diluvio universale è il 17 del secondo mese. Infine nella Roma dei Cesari sulle tombe era usanza iscriverci “VIXI”, ovvero “ho vissuto”, “sono morto”, che è composto, a ben guardare, coi simboli con cui si scriveva 17. Così nel Medioevo, a causa dell’analfabetismo molto diffuso, l’iscrizione veniva confusa con il numero 17 che invece era XVII. E ancora, nella battaglia di Teutoburgo del 9 d.C., che passò agli annali come una delle peggiori disfatte militari romane, la XVII, XVIII e XIX legione, le coorti di fanteria e le ali di ausiliari a cavallo vennero spazzate via dalle tribù germaniche della Bassa Sassonia, e mai più ricostituite, sicché c’è chi ha ricondotto il 17 al disastro militare.
Intendiamoci: c’è chi, di fronte a queste credenze, si fa una bella risata e magari sbertuccia gli amici che si mettono in tasca l’amuleto per esorcizzare il potere “malefico” della combinata.
Le statistiche, tuttavia, parlano chiaro: gli italiani sono un popolo di superstiziosi. Un nostro connazionale su cinque, secondo un sondaggio, davanti a un gatto nero che gli attraversa la strada si ferma e cambia direzione. Uno su dieci, di venerdì 17, posticipa il volo aereo. Dai rilevamenti di Eurobarometro, il servizio di sondaggi e analisi della Commissione europea, emerge un dato che la dice lunga su abitudini e credenze dell’italiano medio nel nostro Paese: 58 persone su 100 ammettono di essere attratte da “idee irrazionali e superstizioni”, di fronte al 40 per cento della media europea. Insomma se non siamo tra i più creduloni d’Europa poco ci manca: ci precedono solo Lettonia e Repubblica Ceca.
Se intendete comunque sfidare la sorte, senza tema di conseguenze, provate a fare quello che qualche anno fa fece il Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, cioè l’accademia degli scettici per eccellenza: un venerdì 17, alle 17,17, organizzò in una libreria di Genova una “Giornata anti-superstizione”. Chi vi aderiva doveva indossare un vestito viola, rompere uno specchio, versare il sale in terra con una mano e aprire un ombrello in casa con l’altra, passare sotto una scala aperta mentre un gatto nero attraversava la strada. Ma, qualcuno potrebbe obiettare, quest’ultima è una coincidenza assai rara. Ci vorrebbe molta fortuna. Appunto, ma di venerdì 17… Parola del sottoscritto, che non crede ai venerdì 17, e nemmeno agli oroscopi, perché è uno scettico…come tutti i “Gemelli”.
Seguici anche su Instagram:
https://www.instagram.com/amicodelpopolo.it/
1 commento
Rita S.
Mio nonno materno, veneziano come me, impediva alle figlie, tutte femmine, di uscire il primo giorno dell’anno, perché incontrarle poteva provocare malanni. Per grazia mio padre, convinto cattolico, ha cancellato ogni tipo di superstizione in famiglia, per cui ancor oggi lo ringrazio : anche questa è libertà.