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sabato 15 Marzo 2025,

8 marzo. Un brindisi all’amicizia, un bacio all’umiliazione

di Roberta Gallego - magistrato

Sono seduta al tavolino di un bar in centro a Belluno, leggo davanti ad un caffè.

Al tavolo accanto al mio cinque signori stanno consumando calici assortiti, ridacchiano e si punzecchiano reciprocamente, i toni sono affettuosi, le voci si accavallano senza debordare dal bon ton di un volume rispettoso degli altri astanti. Percepisco la confidenza e la spensieratezza che li avvolge, sorrido spettatrice di un consesso di amicizia virile riscaldato dal sole di marzo, penso a mio padre che non ha superato i suoi sessant’anni, ma che ha vissuto nella ricchezza di consolidati rapporti di amicizia.

Osservo questi uomini che sono tutti oltre i settanta, pensionati, eleganti nella postura, con i loro maglioncini di cachemire, le sciarpine griffate a coprire la nuca per evitare l’insidia della cervicale, qualcuno con il volto abbronzato da sana pratica sportiva all’aperto; quattro portano la fede al dito, le unghie curate accerchiano i bicchieri che fanno la spola fra il tavolino e le labbra distese. Riconosco due stimati professionisti, ormai in pensione, ricevono ancora gli ossequi di chi passa e li saluta cerimonioso.

Penso che siano fortunati, sembrano in salute, brindano allegri, scherzano leggeri prendendo in giro quello che si è fatto turlupinare nell’acquisto di un’auto lussuosa, che abbozza signorile e scuote la testa, rassegnato alla truffa prima e al concerto di battute poi. Ha l’espressione di chi pensa che dopotutto l’agiatezza permette di affrontare gli inciampi esistenziali con filosofia, e che l’età ci rende clementi con gli amici rompicoglioni, anche questo con filosofia.

Si avvicina la signora che gestisce il bar, è bella e curata, non è una ragazza ma splende nella sua maturità. Sparecchia con destrezza, deve interrompersi perché il polso destro viene intercettato da uno dei clienti, che lo trattiene un attimo, si alza e raccogliendo a coppa la mano fra le sue, si china e le bacia le dita, con un gesto lento e solenne.

Poi le sussurra qualcosa, lei risponde breve, lui replica e tutti al tavolo scoppiano in una risata.

È un riso dai toni forti, non sguaiati ma maschi, sembra un’esplosione contenuta ma perentoria di consumata ilarità. Non sento la “padrona di casa” ridere, non vedo la sua espressione perché rientra nel bar dandomi le spalle. L’amica mi avverte che non verrà, entro a pagare la mia consumazione.

Lei è lì, alla cassa, si asciuga gli occhi lucidi, spazza via uno sbaffo di rimmel. «Cosa le ha detto?», chiedo sapendo di essere invadente e indiscreta, come sempre, per indole e professione. «Mi ha chiesto se sono mancina». Vedo che le dita le tremano, impercettibilmente. Aspetto di capire, che mi spieghi quello che mi sfugge, non riconosco la lama che l’ha ferita. «Gli ho detto di no, non sono mancina. Lui ha risposto che voleva essere sicuro di baciare la mano con cui la mattina mi faccio il bidet». Mi consegna il resto, le sfioro anch’io le dita mentre lo prendo e mi sento quasi in colpa. «Lo so, è stupido che me la prenda per una sciocchezza così. Non sono arrabbiata con loro, sono maschi… non crescono mai, anche da istruiti, sono arrabbiata con me stessa, avrei voluto replicare e non l’ho fatto. Ho paura di perdere i clienti, sono avventori abituali, non posso permettermi di rinunciare a nessuna entrata in questo momento. È tanto umiliante sa, pensano che siccome pagano una consumazione si sono comprati anche la mia pazienza; e il bello è che è vero. Vorrei vedere se capitasse alle loro figlie, invece più probabilmente capiterà alla mia, perché le risorse per farla studiare non le ho. Servirà ai tavoli come me, subirà e non replicherà, si vergognerà dei suoi silenzi vigliacchi, per tenere sempre aperto».

Era l’otto marzo, la sera ho incontrato in una sala elegante un parterre di persone che, davanti ad altri calici, riunite per l’occasione venivano ad ascoltare, con aristocratica sensibilità, un magistrato raccontare di violenze contro le donne.

Ho intravisto chi occupava la mattina il tavolino accanto al mio. Chi la Festa della Donna l’aveva già celebrata a suo modo. Nella deliberata inconsapevolezza di armare con un gesto minimo la prosecuzione di un’asimmetria di genere che ancora morde la dignità di ognuna e la dignità di tutti.

Roberta Gallego

6 commenti

  • Lei ha intercettato un episodio tra i tanti, purtroppo è così nel quotidiano: manca l’educazione elementare al rispetto delle persone. Tutte le occasioni sono buone per essere volgari e per offendere. Solidarietà a chi lavora nel silenzio e teme di perdere clienti beceri. Buona festa della donna.

  • Concordo con lei, gentile Giuseppe. Grazie

  • Anche nonostante l’apparente eleganza che dovrebbe creare un distinguo tra le persone, ci sono sempre molti, troppi, soggetti maschili che danno sfogo ai loro bassi, volgari ed irrispettosi istinti, senza minimamente immaginare il dolore che producono anche con la sola espressione del loro pensiero. Buon 8 Marzo, sperando sempre che qualcosa cambi in meglio….

  • “… ancora morde la dignità di ognuna e la dignità di tutti”. Già, ho 77 anni suonati, ma leggerLa, dottoressa, è stato come ricevere un pugno nello stomaco, una sensazione di nausea ed impotenza, perché l’umiliazione subìta da questa donna appartiene anche a me. Certo, giusto parlare di femminicidi, di diritto al lavoro, di parità di stipendio ecc., ma questo episodio fa capire – almeno lo spero – quanto male, che ferite profonde possano provocare parole, che pesano come macigni e, ahimè, abbassano l’autostima fino ad arrivare alla resa. Un abbraccio a quella signora, sia fiera della sua pazienza e non si senta svilita dalla goliardia di certi rispettabili anziani, lei è superiore.

  • Si e no. Luci e ombre. Pur condividendo totalmente la condanna di quel comportamento, parlare di “asimmetria di genere” infatti, può essere mal interpretato per un atteggiamento misantropo che non è meno eterofobo del comportamento dimostrato dall’incivile che ha compiuto quel gesto disgustoso e assolutamente censurabile. Personalmente ho una visione assai diversa e penso che sarebbe bene iniziare a capire che “l’asimmetria di genere” non esiste. Non esistono “uomini” che necessariamente assumono tutti solo comportamenti incivili nei confronti delle donne poiché, essendo nati maschi con uno dei due cromosomi che non è X ma è Y, non le rispettano in quanto femmine. Parimenti non esistono “donne” che necessariamente assumono tutte solo comportamenti civili nei confronti degli uomini poiché, essendo nate femmine con il doppio cromosoma X, li rispettano in quanto maschi. Esistono persone incivili di entrambi i sessi e generi principalmente in conseguenza del fatto che hanno ricevuto una educazione sbagliata. L’unica “asimmetria” che esiste davvero è “l’asimmetria culturale”. Quella evolutiva dell’eredità culturale nella quale l’individuo cresce. E’ assai pericoloso parlare di “asimmetrie di genere” a favore di quello femminile, poiché in modo assai superficiale, e facendo di tutte le erbe un fascio, aprioristicamente e in modo prevenuto si risulta altrettanto discriminatori nei confronti del genere maschile.

  • Un editoriale devastante. Si inizia la lettura disponendosi a vivere la descrizione di una mattinata bellunese, oltretutto scritta in modo molto piacevole e accattivante. Poi arriva il colpo allo stomaco. Quello che sembrava un gesto galante nascondeva in realtà una umiliazione profonda, sospettosamente premeditata al solo scopo di risultare simpatico agli amici.
    Da uomo mi vergogno profondamente.
    Spero che chi ha fatto questo si sia riconosciuto e senta il bisogno di andare a scusarsi, ma nel dubbio sento io il bisogno di scusarmi a nome di tutti gli uomini con la persona vittima di questa ingiusta e odiosa mancanza di rispetto.
    Le siamo vicini , cara signora, e stia certa che anche fra i maschi c’è chi si batte contro questo modo di essere e di pensare.

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