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Pensieri sparsi e un po’ amari

di Luigi Del Favero

Bisogna respingere la tentazione di lasciare libero sfogo all’amarezza che può invaderci perché, di solito, non si costruisce niente di buono. Capita però che qualche pensiero un po’ serio aiuti ad approfondire la riflessione e allora val la pena condividerlo.

AIUTARLI A CASA LORO!

Esprimendo il rifiuto di accogliere i profughi, si aggiunge spesso l’alternativa secondo cui, invece di riceverli qui, si devono aiutare a casa loro. Sarebbe la ricetta infallibile per non vedere più immigrati. E tale ricetta la si spedisce direttamente al mondo cattolico, Papa in testa, e alla Caritas. Ma c’è qualcuno di quanti parlano così che si ricordi di quanto dal mondo cristiano tale ricetta sia già stata sperimentata? Cosa hanno fatto i missionari che hanno dedicato la vita intera in modo particolare all’Africa? Nei rari rientri in patria, sempre con il pensiero laggiù, ci raccontavano di scuole, di ospedali e dispensari, di laboratori per insegnare un mestiere, di innovazioni nell’agricoltura. Quei missionari ‐ uomini e donne ‐ sono stati insegnanti, infermieri, agronomi; hanno messo in piedi falegnamerie (qualcuno ricorda quella di Sakassou in Costa d’Avorio?), officine, caseifici. Mobilitati dal cardinale Tonini si sono perfino fatte arrivare mucche agli Indios! Negli ultimi decenni alle suore e ai missionari ’tradizionali’ si sono aggiunti laici – medici e ostetriche, muratori e tecnici – che non hanno fatto altro che "andare ad aiutarli a casa loro". Ancora oggi don Augusto dal poverissimo Niger ci ha chiesto di non finanziare la costruzione di una nuova chiesa, ma di una scuola che è già in funzione. Questi fatti dovrebbero suggerire almeno due cose. Aprire gli occhi e rinfrescare la memoria di coloro che scoprono oggi una ricetta infallibile, che è già molto vecchia, e richiamare la comunità cristiana ad essere degna dei suoi figli che hanno dato tutta l’esistenza o una parte importante della loro vita professionale, per andare ad aiutare i poveri "a casa loro". Ieri li abbiamo sostenuti generosamente; oggi non smentiamoli chiudendo le porte a quei fratelli ai quali loro hanno dato tutto. Ricordando sempre che quanti sono cacciati dalla guerra o sono inseguiti dalla povertà e dalla fame non scappano fin sulle nostre coste perché il Papa dice di accoglierli o la Caritas dispone di strutture di aiuto. Non li ferma nessuno e non sanno niente dei Caduti di Redipuglia.

IL VESCOVO LUCIANI ERA DIVERSO

Ad alcuni cardinali non è piaciuto il testo sull’amore e il matrimonio che porta il bel titolo «Amoris Laetitia» ed è il frutto del lavoro di due Sinodi dei Vescovi, che papa Francesco ha raccolto, sistemato e rilanciato a tutta la Chiesa. Sembrano in disaccordo con il Papa al quale hanno scritto dicendo di avere dei "dubbi", che hanno il tono di accuse precise. Fin qui non c’è niente di male, perché la ricerca e il confronto, anche aspro, possono aiutare. Però hanno fatto un passo successivo, comunicando ai giornali e alla televisione il dissenso. Anche il vescovo Albino Luciani quando si discuteva di paternità responsabile e si ragionava sulla contraccezione, pensava possibile una soluzione diversa da quella che poi il papa Paolo VI prese con la celebre enciclica «Humanae Vitae». Mons. Luciani scrisse subito ai suoi diocesani. Ammise onestamente e con serenità di aver ritenuto possibile un’altra soluzione ma, ora che il Papa aveva parlato, ne riconosceva l’autorità e con tutte le sue forze faceva proprio il suo insegnamento. Cosa che fece con il sorriso sulla bocca e la fronte spianata, contribuendo a quel bene sommo che è l’unità nella Chiesa. È uno stile di cui si avverte il rimpianto. Oggi si rischia la polarizzazione copiata dalla politica, diventando nemici tra noi.

UNA LEGGE CI SALVERà?

Ho sentito motivare il NO al referendum che si vota oggi ‐ in questo momento ne ignoro i risultati ‐ con la difesa della famiglia e della vita. Hanno detto che il SI aprirebbe la strada all’allargamento dei matrimoni tra omosessuali, alla maternità surrogata e a tante altre brutture alle quali i gruppi uniti dal ’Family Day’ giustamente si oppongono. Questi discorsi mi hanno rattristato e anche umiliato. Prima di tutto perché trattano di futuribili, seguendo i quali non si dovrebbe neppure dare la patente perché c’è una possibilità in più che si provochino incidenti. Ma così ci si affida troppo alla politica e si confida nel potere delle leggi che è già molto debole. Succede di imitare qualche vescovo americano che ha esultato per l’elezione di Trump, che potrebbe nominare un giudice costituzionale il quale potrebbe cambiare la legge sull’aborto! Senza accorgersi che dicendo così un vescovo denuncia il fallimento dell’azione della Chiesa ‐ catechesi, educazione, formazione delle coscienze, sostegno alla maternità ‐ nella difesa della vita. Abbiamo già sbagliato altre volte sostenendo personaggi o partiti politici con l’illusione che difendessero i nostri valori! La Chiesa ha altri mezzi e domanda a tutti noi la testimonianza personale che comprende anche l’onestà intellettuale.

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

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